Draghi: l'Europa deve reinventarsi per rispondere alle sfide di Usa e ...

14 giorni ago
Mario Draghi Ue

«Questi tre filoni – spiega l’ex banchiere - ci devono indurre a riflettere su come organizzarci, su cosa vogliamo fare insieme e su cosa mantenere a livello nazionale (…) Per garantire la coerenza tra i diversi strumenti politici, dovremmo sviluppare un nuovo strumento strategico per il coordinamento delle politiche economiche. Se ciò non fosse possibile, in casi specifici, dovremmo essere pronti a considerare la possibilità di procedere con un sottoinsieme di Stati membri».

Riferendosi al meccanismo detto del “28mo regime”, che non prevede l’armonizzazione normativa tra i paesi ma la nascita di un regime legale parallelo, Mario Draghi ha citato il caso dell’unione dei mercati di capitale, un argomento tedioso, sul tavolo europeo da anni perché bloccato da interessi nazionali contrastanti. A Gent, in febbraio, il ministro delle Finanze francese Bruno Le Maire aveva esortato ad agire rapidamente su questo fronte, anche perseguendo collaborazioni nazionali.

Il meccanismo detto del “28mo regime” permetterebbe di aggirare l’opposizione a una armonizzazione tout court delle regole. Nei fatti offre alle parti contraenti la possibilità di scegliere tra due sistemi di diritto contrattuale. In passato, il meccanismo è stato utilizzato per mettere a punto lo statuto di Societas Europæa, o società europea. Era stato fatto proprio da un ex premier italiano, Mario Monti , nel suo rapporto sul mercato unico del 2010.

Stop alla frammentazione del mercato unico

Si calcola che vi sia un monte risparmio in Europa di 33 mila miliardi di euro, e che ogni anno 300 miliardi siano investiti all’estero, in particolare gli Stati Uniti. La frammentazione del mercato unico non è più giustificabile. È diventata nei fatti un ostacolo alla crescita. Sul fronte dell’unione dei mercati di capitale, l’Italia è sullo stesso fronte della Francia. Freddi sono paesi piccoli che del loro centro finanziario hanno fatto una ragion d’essere: il Lussemburgo, ma anche l’Irlanda e i Paesi Bassi.

Mentre questi paesi temono un aumento dei costi e una loro eventuale marginalizzazione, la Germania appare in mezzo al guado. Per anni Berlino è stata fredda all’idea di creare una unione finanziaria, probabilmente per inconfessabili interessi localistici, oggi il cancelliere Olaf Scholz sembra essersi ricreduto (almeno così è sembrato in occasione del vertice europeo di marzo). Si tratta ora per lui di convincere il suo ministro delle Finanze, il liberale Christian Lindner .

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