In Iran ha vinto il candidato riformista Pezeshkian. Ecco perché è ...

6 Lug 2024

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In Iran ha vinto il candidato riformista Pezeshkian. Ecco perché è una buona notizia per il mondoLa vittoria del candidato riformista non vuol dire il crollo del sistema. Può però ridare coraggio alle giovani generazioni e incrinare il fronte conservatore

di Roberto Bongiorni

Pezeshkian - Figure 1
Foto Il Sole 24 ORE

6 luglio 2024

3' di lettura

Il riformista Masoud Pezeshkian è il nuovo presidente iraniano. Nel ballottaggio di venerdì 5 luglio ha ottenuto il 53,7% dei voti, contro il 44,3% del conservatore Saeed Jalili. «Tenderemo la mano dell’amicizia a tutti - queste le prime parole di Pezeshkian, citato dalla tv di Teheran - Siamo tutti gente di questo Paese, c’è bisogno di tutti per il progresso di questo Paese».

Settant’anni a settembre, il cardiochirurgo originario della provincia di Tabriz era arrivato a sorpresa in testa al primo turno delle elezioni del 28 giugno scorso con il 42% dei voti, contro il 38% dell’ex capo negoziatore nucleare. Primo turno che era stato caratterizzato da una fortissima astensione alle urne, la più bassa della rivoluzione islamica del 1979, con solo il 39,9% dei 61 milioni di elettori che si era recato alle urne.

Venerdì, invece, forse sull’onda della speranza di una vittoria del riformista, sono andati a votare molti più iraniani - molti giovani e molte donne - e in un tentativo di sostenere la partecipazione al voto la chiusura delle urne è stata posticipata dalle 18 a mezzanotte. L’affluenza dovrebbe aggirarsi intorno al 50%. In totale, Pezeshkian ha ottenuto 16,3 milioni di voti, contro i 13,5 di Jalili, tre milioni di voti in più rispetto al candidato conservatore. E già all’alba migliaia di iraniani sono scesi per le strade di Teheran e di altre città per celebrare la vittoria del nuovo presidente, che succede a Ebrahim Raisi, morto in un incidente di elicottero il 19 maggio scorso.

E’ una buona notizia per il mondo, in prospettiva. Ha vinto il candidato riformista che piace all’Occidente, sul rivale del fronte oltranzista e antioccidentale. Anche se nel breve/medio termine in Iran le cose cambieranno poco.

Innanzitutto, perché è la guida suprema del Paese, Ali Khamenei, l’uomo più influente in grado di condizionare le politiche più rilevanti. Certo non il presidente. In secondo luogo perché il contesto attuale – la guerra nella Striscia di Gaza e un potenziale conflitto aperto tra Israele e e gli Hezbollah libanesi, alleati di Teheran - compatterebbe il Paese facendo prevalere l’ala militarista ed il sentimento nazionale.

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