Silent Hill 2 Remake - La recensione

3 ore ago

Silent Hill 2. L'horror psicologico che a distanza di ventitré anni ricordo quasi come fosse ieri e per quanto mi riguarda non ha trovato eguali in tutto questo tempo. Gli stessi capitoli successivi non sono stati in grado di tenere testa e non è un caso che oggi sia questo il più ricordato o anche solo citato. Forse è per questa ragione, nonché per una sfiducia crescente verso Konami e la gestione delle sue IP, che l'idea di un remake terrorizzava, a maggior ragione se affidato a uno studio di sviluppo non visto di buonissimo occhio come Bloober Team - che io personalmente apprezzo, invece, al netto dei suoi alti e bassi. Tra una campagna di comunicazione altalenante e la tendenza, non del tutto errata, a partire con aspettative basse o nulle, il remake di Silent Hill 2 si è rialzato agli occhi del pubblico soltanto con il trailer della storia: ricostruito in modo estremamente fedele, privo delle pesantezze e della mancanza di ritmo che aveva l'originale, ha fatto ben sperare i fan sul fatto che questa volta sarebbe stata buona per finalmente far risorgere una serie storica.

Non girerò attorno alla questione. Trovo che il remake di Silent Hill 2 superi qualunque aspettativa positiva e si attesti come il ritorno del re degli horror psicologici: migliorato là dove era necessario, ricostruito in modo fedele ma al contempo tale da risultare nuovo persino ai fan più accaniti, è la dimostrazione che per la serie c'è una concreta speranza di rinascita. I più pessimisti potrebbero pensare che la gran parte del gioco era già lì, non serviva granché per rimetterlo in piedi: se da un lato è vero che era tutto "pronto", sappiamo altrettanto bene come sia facile compiere un passo falso forti proprio del fatto che un prodotto venda in virtù del nome, salvo poi risultare un buco nell'acqua. Il lavoro svolto su questo remake invece dimostra una cura assoluta per l'opera originale, che non viene stravolta ma ampliata, ripensata così da sorprendere qualsiasi giocatore e rifinita lì dove era necessario - sistema di combattimento in modo particolare. Partiamo dunque per questo vecchio-nuovo viaggio negli abissi della cittadina più nebbiosa d'America.

In my restless dreams...

Le premesse narrative di Silent Hill 2 sono ben note ma per chiunque non ne avesse sentito parlare, o non l'abbia giocato, un brevissimo riepilogo: James Sunderland si trova a Silent Hill a seguito di una lettera ricevuta dalla moglie Mary, defunta tre anni prima degli eventi correnti. Confuso e desideroso di scoprire la verità, James torna alla cittadina dove lei scrive di star aspettando, più precisamente nel loro "posto speciale". Silent Hill, però, si dimostra diversa da come la ricordava e le minacce che si nascondono nella nebbia fanno dubitare James di cosa stia succedendo. Mary è veramente in attesa del suo ritorno?

Altro, in termini narrativi, non si può aggiungere perché Silent Hill 2 è un'esperienza che ruota tantissimo attorno alla storia e ai suoi personaggi, motivo per cui qualsiasi accenno oltre quanto scritto sopra rovinerebbe l'esperienza a chi non l'avesse ancora giocato. A chi invece conosce bene l'originale voglio solo dire di tranquillizzarsi: il remake non è solo una sua riproposizione estremamente fedele ma va a migliorare quanto di grezzo c'era nel 2001, in modo particolare il combattimento, e crea un'immersione fuori scala dal punto di vista del sound design. Può sembrare superfluo specificarlo ma lo faccio comunque: questo è un gioco da vivere tutto in cuffia, possibilmente ad alto volume con buona pace dei vostri nervi e delle coronarie. Non esiste altro modo di vivere un'esperienza simile, a meno forse di non avere un impianto con tutti i crismi ma anche in quel caso non metterei la mano sul fuoco. Moltissimo del fascino di Silent Hill 2 deriva anche dal sound design e durante la recensione non sottolineerò mai abbastanza l'eccellente lavoro svolto in merito - perfetto tanto sotto il profilo ambientale e di atmosfera quanto di gameplay per sé, date le innumerevoli volte in cui capire cos'avessi di fronte grazie all'audio mi ha permesso di reagire e avvantaggiarmi sui nemici, eliminandoli persino dalla distanza con un solo colpo.

James Sunderland, il tormentato protagonista del gioco.

Come ho già accennato, questo remake riprende in modo assolutamente fedele l'originale e lo perfeziona là dove ce n'era bisogno. La cittadina è opprimente come ricordavo, immersa in una nebbia che consente di vedere gli immediati dintorni ma rende tutto meno chiaro guardando in lontananza, mentre la sua scala è maggiore rispetto all'originale: se da un lato la mappa porta con sé una sensazione di familiarità, percorrere di fatto le strade ha un sapore tutto nuovo. Esplorare tutto da cima a fondo anche solo per il gusto di farlo, senza chiamare in causa segreti (di cui il gioco non difetta) o eventuali oggetti utili, ha richiesto più tempo di quanto ricordassi grazie anche a una rielaborazione degli enigmi. Gli obiettivi restano gli stessi - andare qui, prendere la chiave, controllare quegli edifici - tuttavia come vengono raggiunti cambia rendendo la partita effettivamente nuova anche per i giocatori più navigati: pur non giocando a Silent Hill 2 da tantissimi anni, all'uscita l'ho talmente tanto consumato da ricordarlo con chiarezza, alcune parti più di altre, e scoprire che la memoria non mi sarebbe stata affatto d'aiuto (così come le guide online per chi vuole fare il più furbo) è stata un'ulteriore scarica di adrenalina da parte di un'esperienza che me ne stava già dando a sufficienza. Insomma, prendete tutto quello che sapete del gioco originale, per quanto riguarda il gameplay, e mettetelo da parte perché a dispetto di basi ovviamente in comune tutto è stato ripensato affinché risulti nuovo per chiunque.

Pensiamo banalmente alla pistola. Ricordate nell'originale dove si trova? Perfetto, nel remake non è così: a carattere generale il luogo è lo stesso ma il punto preciso cambia. Questo per darvi una vaga idea di cosa intendo con uguale eppure diverso. Proprio come successo con Resident Evil 2, che rimestava le carte in tavola (anche narrativamente) affinché il gioco fosse inedito per giocatori navigati e non, il remake di Silent Hill 2 fa lo stesso: scompiglia le nostre memorie, portandoci a ricordare spizzichi e bocconi per poi fare tutt'altro, cogliendo di fatto di sorpresa. A maggior ragione lo fa con la presenza degli Echi, parte di quei segreti citati in precedenza: sono punti od oggetti specifici che ai più attenti risulteranno familiari, proprio perché riferiti al gioco originale. Non so se all'atto pratico abbiano qualche effetto, al di là della nostalgia, forse sono legati ai due nuovi finali introdotti (che personalmente non sono riuscita a sbloccare, non sapendone le condizioni) oppure sono fini a loro stessi e servono soltanto come viaggio nella memoria. Fatto sta che il remake strizza l'occhio al passato in diversi modi, tra cui questo, e devo ammettere che la "caccia al ricordo" mi ha catturato più di quanto pensassi: se era uno scorcio, cercavo di figurarmi cosa succedesse nell'originale, se invece si trattava di un oggetto ne richiamavo il ruolo nel gameplay - magari era parte di un enigma, o forse un collezionabile.

Vi dicono qualcosa, gli abiti che sta mostrandovi Maria?

Questo remake non è solo una banale operazione nostalgia ma, mi auguro, la volontà di far ripartire la serie dal suo capitolo migliore, nella speranza che i futuri possano riportare Silent Hill a quei picchi che dopo il secondo capitolo, personalmente parlando, non sono mai stati raggiunti. Tutto è stato ricostruito con estrema cura, dai luoghi alle singole creature fino agli enigmi ripensati e diversi a seconda della difficoltà a cui sono impostati. Ho vissuto la prima partita, durata per inciso venti ore, impostando gioco ed enigmi a Normale; per la seconda invece, avendo come obiettivo la speedrun e diversi trofei come non usare la radio né armi da fuoco, ho messo tutto a Facile. Mi sono resa conto che molti enigmi cambiano, diventando non solo più espliciti nei suggerimenti ma anche diversi nel modo in cui ovviamente sono posti: uno specifico indovinello nella prigione, per esempio, durante la prima partita era più dettagliato e chiedeva di riflettere meglio per completare le frasi, mentre al secondo giro era stato tutto riscritto affinché si dovesse semplicemente trovare la giusta rima per ogni frase. Non solo, anche la soluzione era diversa, così da trarre in inganno chiunque pensi di potersi segnare tutto su un foglio e battere il gioco alle sue stesse regole: sebbene in alcuni casi si possa fare, nel senso che alcuni codici non cambiano da una partita con l'altra, molti altri sì e non potete sapere quali. Una soluzione che potrebbe sembrare identica in realtà cambia e viceversa. Questo approccio era già presente nell'originale ma ho ugualmente apprezzato il modo in cui il remake lo gestisce.

A proposito di durata, nelle righe sopra avete letto bene: la prima partita, in cui ho esplorato quasi ogni angolo possibile (dico quasi perché non ho trovato tutti i segreti), è durata venti ore. Il gioco non conta lo scorrere del tempo quando è in pausa, quindi sono venti ore reali, passate a volte correndo ma più spesso camminando per non essere colta alla sprovvista dai mostri, consultando la mappa più volte probabilmente di quanto avrei voluto soprattutto in determinate aree e risolvendo enigmi a destra e sinistra. Enigmi che, tengo a precisare, non mi hanno rubato tempo dal punto di vista "intellettuale", se così vogliamo dire: no, risolverli richiede spesso di spostarsi in diversi punti, andare e tornare, raccogliere uno di tot oggetti che occorrono per proseguire e via discorrendo. Non consumano tempo a livello mentale ma proprio per come sono elaborati, spingendoci in ogni angolo possibile dei vari luoghi con tutti i pericoli annessi nel mezzo e perché no, eventuali pause alla ricerca di qualche risorsa sempre preziosa. Infatti, laddove l'originale richiedeva una speedrun di circa tre ore, qui il trofeo relativo ne chiede dieci e io ne ho impiegate sei facendo tutto di corsa, a memoria, in modalità Facile e utilizzando la motosega come arma per buttare giù solamente gli ostacoli che proprio erano tra i piedi. Non dubito che ci sarà chi lo farà in meno tempo ma questo è per darvi un'idea di quanto il remake sia più lungo e non per il gusto di fare: è stato proprio rielaborato per offrire un'esperienza che pur ricordando da vicino l'originale mettesse tutti sullo stesso piano.

Tubo d'acciaio mon amour

Parlando di rielaborazione, come ho già scritto l'aspetto ad averne beneficiato maggiormente è il sistema di combattimento: la mobilità di James è più fluida, mi viene da dire persino più di quella dei moderni Resident Evil che rimane piuttosto goffa, e l'aggiunta della schivata permette di gestire molto meglio i combattimenti, siano essi contro le creature comuni oppure i boss. Non si è dunque andati a stravolgere, come purtroppo in troppi hanno creduto, ma solo a rendere più gestibile quello che a suo tempo era la nota più dolente di Silent Hill 2: adesso è possibile evitare di farsi vomitare addosso a ogni pie' sospinto, a patto di gestire gli spazi quando si è al chiuso, ma soprattutto di affrontare i Mannequin in modo più onesto rispetto al passato. Oserei dire che la differenza maggiore si percepisce proprio con loro: per chi se li ricorda, sono nemici che tendono a rimanere "dormienti" finché non ci avviciniamo troppo e/o li illuminiamo con la torcia. Sono, in buona sostanza, infami che favoriscono gli attacchi a sorpresa e nemmeno la radio è in grado di rilevare nell'attimo in cui si immobilizzano del tutto. Se siamo abbastanza accorti possiamo anche scovarli nascosti da qualche parte, anche se hanno principalmente la tendenza a sostituirsi alla carta da parati o piazzarsi proprio dietro qualche angolo, ed è la schivata a permettere di ingaggiare un combattimento corpo a corpo senza il rischio di essere colpiti. Non pensate a quella di Jill nel remake di Resident Evil 3: James si china dandosi un lieve slancio nella direzione indicata e ottenendo così qualche frame di invincibilità oltre a schivare fattivamente l'attacco se avete azzeccato il tempismo.

Non badare a me, io me ne sto qui, a fare da carta da parati. Come se non ci fossi.

Questa piccola meccanica, unita a una maggiore fluidità di movimento, era quanto più serviva al gioco per migliorare il combattimento, che non sarà un elemento fondamentale del gameplay (considerato che potete evitare tutti i nemici, se volete e siete disposti a correre il rischio di trovarveli sempre in mezzo ai piedi) ma c'è e, anzi, è essenziale se si vuole approcciare la partita con calma esplorando ogni angolo. A occhio ho avuto l'impressione che ci sia un giusto bilanciamento di cure e munizioni, a patto che sappiate gestire bene entrambi: in modalità Normale bastano pochi colpi a James per finire con la salute critica e non è mai una buona idea affrontare più di un mostro alla volta soprattutto in spazi ristretti - ma capiterà, eccome se capiterà. Sono arrivata al boss finale con un arsenale di tutto rispetto e cure più che sufficienti a supportarmi, né sono mai morta nel corso di entrambe le partite; non significa però che dobbiate prendere Silent Hill 2 sottogamba, perché ci sono situazioni in cui potreste essere messi alle strette, soprattutto quelle in cui la luminosità scarseggia (vero, prigione di Toluca?).

Nel complesso, le armi da fuoco sono ognuna efficace a modo proprio e anche qui vale la regola d'oro del colpire sempre in testa: se altre parti del corpo sono più inclini ad "assorbire" i danni, o comunque a pareggiarli, la testa è il punto debole per eccellenza e un colpo di carabina ben piazzato può liberarvi persino dalla più ostinata delle infermiere, che normalmente richiedono dai quattro ai sei colpi di pistola. Come tuttavia suggerisce il titolo del paragrafo, un po' perché io ho la tendenza a risparmiare risorse fino a trovarmene piena e un po' perché la ristrettezza di alcuni spazi non permette di prendere bene la mira, il corpo a corpo è sempre la scelta migliore: se poi riuscite ad aggredire i nemici alle spalle con un colpo violento, potete buttarli subito a terra e finirli a pestoni e questo è ottimo per le già citate infermiere, altrimenti complicate da gestire in uno scontro all'arma bianca. Insomma, il remake vi offre più di un approccio per gestire gli scontri e bilancia bene le risorse, se voi per primi vi dimostrate in grado di gestirle a dovere a seconda della situazione in essere.

Cosa diciamo alle infermiere che entrano senza permesso?

Il cambio di equipaggiamento è stato a sua volta rivisto ed è ora molto più pratico: ciascuna delle tre armi da fuoco e associata ai pulsanti destro, sinistro, giù del D-Pad (quello in alto serve per la mappa), mentre l'arma corpo a corpo si utilizza in automatico premendo R2. Ciò significa che nel mezzo del combattimento è possibile passare senza soluzione di continuità dalla pistola, o dai fucili, al tubo d'acciaio o all'asse chiodata e viceversa, rendendo il tutto fluido e reattivo come ci si aspetta da un gioco modernizzato.

Passando ai boss, anche qui c'è stata una rilavorazione in positivo. Trovo che tutti i combattimenti siano stati perfezionati, non solo grazie alla migliorie di cui sopra per quanto riguarda James ma proprio per la costruzione in sé di questi scontri: chi più chi meno, sono divisi in fasi che portano, in due casi specifici, i boss a modificarsi e cambiare di conseguenza approccio negli attacchi. Non posso citarli, anche qui, per non rovinare la sorpresa di chi eventualmente non ha mai giocato a Silent Hill 2 ma a mani basse dico che il miglior rifacimento riguarda un certo boss astratto (chi vuole cogliere, colga): l'intero scontro è stato ripensato e l'ho trovato spanne sopra all'originale, più esplicito nel tema che mette in luce e anche a livello di ambientazione, che muta con il prosieguo dello scontro andando infine a evidenziare in modo più disturbante la narrazione che incapsula. Di nuovo, il remake non va a tradire alcun aspetto dell'originale, bensì a modernizzarli o persino migliorarli dove serve: se nel 2001 il gameplay poteva andare bene, a mio avviso aveva comunque dei difetti, riproporli identici oggi sarebbe risultato ridicolmente anacronistico. In questo modo, invece, l'esperienza ne beneficia e risulta moderna senza per questo rovinare o stravolgere il gioco originale. Se il remake Resident Evil 2 è stato il pinnacolo di un survival horror riproposto in chiave moderna, il lavoro svolto da Bloober Team e Konami con Silent Hill 2 è lo stesso per quanto riguarda gli horror psicologici.

Un sound design da brivido

L'ho detto che avrei sottolineato la questione del sound design ed eccoci qui. Elemento cardine di ogni esperienza horror che si rispetti, ma fondamentale per Silent Hill 2, il lavoro svolto in questo caso è da applausi: il livello di coinvolgimento che si raggiunge grazie alla commistione di suoni, musiche ma anche silenzi è totale e lo è se giocato in cuffia. Ogni rumore, scricchiolio, sussurro, verso, tutto è portato all'ennesima potenza per pesare quanto più possibile sui nostri nervi e farlo benissimo, perché Silent Hill 2 più di qualunque altro gioco ha capito che la paura non si ottiene con un jump scare occasionale, quando non telefonato: quello è uno spavento volatile, che esaurisce la sua funzione nel momento in cui ha effetto. Non a caso qui parliamo dell'horror psicologico per eccellenza: il valore della sua esperienza risiede nel modo in cui costruisce una tensione sempre più crescente e costante, fin quasi a diventare opprimente.

Silent Hill 2 funziona perché non smette un solo istante di schiacciarti con una tensione, un'ansia e a tratti una paranoia che spesso è solo nella tua testa: ho perso il conto delle volte in cui, giocando, la musica ha avuto un cambio di tono senza nessun motivo, portandomi a credere ci fosse chissà quale minaccia salvo poi scoprire che non c'era nulla. Mi ha anche fatto pensare a quanto spesso, giustamente, ci affidiamo alle musiche per capire le variazioni nel corso del gioco, di come queste siano pensate per assolvere allo scopo... e quanto invece Silent Hill 2 faccia per sovvertire questa certezza. Pur avendo musiche specifiche per i contesti evidenti di pericolo, il gioco dispone di alcune d'effetto con l'unico scopo di disorientare il giocatore mandandogli messaggi volutamente contrastanti, per poi sorprenderlo poco dopo.

Boom headshot!

È riuscito nell'impresa, almeno per quanto mi riguarda, di farmi immedesimare in James più di quanto qualunque altro horror in terza persona abbia mai fatto. Ho provato la stessa sensazione che in genere ho quando gioco agli horror in prima persona, che per ovvi motivi mi coinvolgono di più ma al contempo si depotenziano appena muoio la prima volta - perché si recide quel legame tra me e il mio avatar, rendendoci due entità distinte. Ecco, Silent Hill 2, complice il fatto che non sono mai morta e dunque non ho provato questo scollamento, mi ha trasmesso lo stesso senso di immedesimazione ma laddove i titoli in prima persona tendono a essere di breve durata, qui la mia croce è durata venti ore. Non è stato nemmeno quel sentirsi indifeso che occorre quando in un gioco sei privo di mezzi per difenderti (à la Outlast, per intenderci), perché di armi ne avevo eccome, bensì il fatto in sé di sentirsi oppresso da qualcosa che non riesci precisamente a contestualizzare.

Infine, dettaglio non di poco conto, la cura del sound design per quanto riguarda i mostri rappresenta un ulteriore plus in termini di gameplay: le creature in Silent Hill 2 sono poche e ciascuna è caratterizzata da suoni specifici che la rendono riconoscibile persino in situazioni di scarsissima visibilità. Se dal fondo di un corridoio sentivo dei versi, fermarmi ad ascoltare mi permetteva di capire chi ci fosse ad aspettarmi, dove si trovasse più o meno e agire di conseguenza. Ho imparato piuttosto in fretta a distinguere ogni creatura, persino dai passi perché se i Lying Figure producono dei suoni quasi strascicati, delle infermiere si può invece percepire il leggero rumore dei tacchi (se già i versi non risultano indice della loro presenza), così come i Mannequin che si muovono carponi sono in pressoché costante movimento rispetto alla controparte in piedi e sono caratterizzati da un costante scalpiccio. Possono sembrare dettagli banali ma in un gioco che fa del sound design la sua colonna portante sono fondamentali anche solo per evitare infarti gratuiti.

Il ritorno del re degli horror psicologici

Per scala, resa estetica, gameplay (comprensivo di combattimento ed enigmi) e atmosfera, il remake di Silent Hill 2 è un lavoro che qualitativamente non invidia niente a quanto fatto da Capcom partendo da Resident Evil 2 e, anzi, in alcuni aspetti lo supera. C'è tutta l'anima del gioco originale, personaggi compresi: James, che per oscure ragioni è passato alle cronache come una versione "piagnona" in questo rifacimento, è lo stesso concentrato di emozioni trattenute che ricordiamo. Forte di una maggiore espressività facciale risulta persino più inquietante nel modo in cui accetta i peggiori incubi senza alzare nemmeno un sopracciglio: esperienze che come minimo avrebbero strappato una sinfonia d'insulti a chiunque, lui le affronta con un'impassibilità che ha quasi il sapore della rassegnazione, come se si trascinasse avanti in un misto di inerzia e flebile speranza. Gli altri personaggi, Maria in primis, restituiscono in meglio le stesse sensazioni del gioco originale, anche qui grazie ai ventitré anni di distanza e i progressi tecnologici del caso che permettono di avere personaggi più dettagliati ed espressivi (aiutati anche dal doppiaggio). Non credo si potesse fare più di quanto sia stato messo in piedi con questo remake, che amplia il gioco del 2001 senza snaturarne alcun aspetto soprattutto narrativo.

Basteranno delle sbarre a dividerci in totale sicurezza?

A proposito di personaggi, ho molto apprezzato le piccole interazioni tra James e Maria quando sono assieme, il modo in cui cambiano diverse frasi a seconda se si è esaminato o no un oggetto, oppure in base al momento in cui si ottiene qualcosa. Apprezzabile anche il fatto che, nella mia corsa alla speedrun, stavo scordandomi la mappa di un edificio ed è stata proprio lei a dirmi che avrei fatto meglio a prenderne una, ricordandomene di fatto la presenza. Similmente, quando spaccate un vetro, Maria tende a commentare in modo sempre diverso e più o meno sarcastico a seconda del caso. Sono interazioni piacevoli e mai opprimenti, sia perché il tempo passato assieme è relativamente breve sia perché non tendono a intromettersi laddove non è necessario, lasciando spazio anche a lunghi silenzi.

Passando all'ambiente, c'è una maggior interazione grazie alla possibilità di rompere vetri o finestre per crearsi un passaggio o prendere oggetti, punti sotto i quali si può strisciare per raggiungere aree altrimenti inaccessibili, muri infrangibili con lo stesso scopo e anche passaggi sopraelevati da raggiungere spostando cassonetti o utilizzando quello che già c'è. Questo ha permesso, come già scritto, un ripensamento degli ambienti affinché ricordino il passato ma risultino nuovi persino ai giocatori più navigati, e con essi degli enigmi stessi contenuti al loro interno così come degli oggetti chiave. È Silent Hill 2 in tutto e per tutto, solo migliorato lì dove per ovvie ragioni se ne sentiva il bisogno: la durata più estesa, che comunque dipende molto da quanto ve la prendete comoda esplorando, non è mai un peso e persino parti notoriamente più estenuanti come la prigione o il labirinto ne escono più a testa alta. Non raggiungono i livelli di altri ambienti nettamente migliori, tuttavia le ho trovate più scorrevoli che in passato nonostante la loro maggior lunghezza.

Il remake di Silent Hill 2 è quanto di meglio si poteva chiedere per un gioco di questa caratura e importanza nel panorama degli horror psicologici. Non siamo di fronte a una banale operazione nostalgia ma a una ricostruzione rispettosa del gioco originale, che va ad ampliarlo e migliorarlo là dove necessario senza necessariamente snaturarlo, soprattutto in termini narrativi. L'eccellente lavoro svolto sul sound design, la finezza degli enigmi (rifatti in modo tale che risultino nuovi anche ai fan più accaniti) e la maggiore fluidità del sistema di combattimento rendono questo remake il miglior omaggio possibile.

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