Che cosa sopravvive del cyberpunk di Akira

14 Mar 2023

Akira compie 35 anni, rispetto a un lustro fa esiste un modo in più per rovinargli la festa: pronunciare il numero risultante dall’anno in cui è ambientata la storia dell’anime più 30. Si è detto e scritto tantissimo sul capolavoro di fantascienza cyberpunk, soprattutto in occasione del suo trentennale, celebrato, tra le altre cose, con un ritorno al cinema. Nuovo giro, nuova corsa: il 14 e 15 marzo Akira è nei cinema italiani, rispettivamente in versione originale con sottotitoli e doppiata in italiano. Ciò che gli articoli pubblicati nel 2018 chiaramente hanno ignorato è come si sarebbe evoluta la percezione collettiva dell’opera di Katsuhiro Otomo, autore anche del manga, nei cinque anni fino al 2023. Un bilancio non può prescindere dal contesto e il contesto mi sembra quello di una crescita, in termini di popolarità, della fantascienza cyberpunk, grazie ad alcune uscite di peso. Di questo fenomeno si sono avvantaggiate, sempre in termini di attenzioni misurate su ampie porzioni di pubblico, alcune opere piuttosto che altre. Akira potrebbe essere tra le seconde, accentuandosi di anno in anno le sue caratteristiche di film generazionale.

akira film 35 anni

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A proposito della fantascienza cyberpunk: era scontato che ci provassimo, non è mai stato sicuro che ci riuscissimo. Con “noi” mi riferisco a “noi millennial”, che con il passare del tempo abbiamo visto crescere la nostra capacità di influenzare le scelte dell’industria culturale, sia dall’interno che in termini di domanda. Questo spiega in parte il ritorno degli anni Ottanta, e quindi del sottogenere iper codificato di fantascienza che, nato negli anni Ottanta, faceva da controcanto al liberismo thatcheriano e reaganiano. Se dico che un ritorno del cyberpunk non era scontato, è perché i primi tentativi di bucare l’immaginario a botte di neon e ideogrammi sono, a volte inaspettatamente, falliti: Altered Carbon, la costosissima serie di Netflix del 2018, ha tenuto duro per due stagioni, poi è stata cassata. Probabilmente in casa Netflix i calcoli erano stati fatti su Blade Runner 2049, al cinema un anno prima. La rampa di lancio però era rotta: il film di Villeneuve sembrava attesissimo, poi si è capito che era attesissimo solo dalla bolla. Al cinema, se ci siete andati, avrete probabilmente visto soprattutto tre generazioni: dai millennial ai boomer. L’impressione, in questa prima fase, è che ce la stessimo cantando e suonando da soli, noi che abbiamo visto navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione.

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Flash forward: su TikTok una ragazza di poco più di venti anni imita il balletto di Ana De Armas in Blade Runner 2049, in sottofondo suona una canzone di Doja Cat. Non è il l’unico trend mutuato dal coraggioso sequel di Villeneuve. Un altro è costruito su una citazione: “You look lonely... i can fix that”. Lo dice il gigantesco ologramma rosa con le fattezze dell’attrice cubana, mentre punta il dito su Ryan Gosling con un cerotto appiccicato sul naso (e il cuore messo anche peggio). “I can fix that” diventa gergo, e ogni gergo esiste in funzione di un gruppo: qui però il gruppo è numerosissimo e conserva caratteristiche di autoreferenzialità solamente nel mare magnum di internet. Chi dice “I can fix that” conosce la citazione, pure chi premia il video con un like e chi lo commenta, almeno in linea di massima. Quando raggiunge una certa portata lo slang dà vita a episodi di scollamento e se sale ancora di più nella consapevolezza collettiva si autodistrugge in un level up che lo trasforma in linguaggio comune: sicuramente qualcuno avrà perso di vista lo spunto di partenza, ma il fatto che TikTok si serva di 2049 per alimentare la propria mitologia è rilevante. Il sequel di Blade Runner è interessante anche per come viaggia su internet a colpi di meme, citazioni e variazioni sul tema, di nuove significazioni, per dirlo in maniera poco smart e giovanile.

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Un’ultima digressione prima di tornare a bomba su Akira: ogni fenomeno culturale deve passare per un videogioco e l’opera multimediale interattiva ambientata in un open world bagnato dai neon, dalla pioggia e schiacciato tra grattacieli vertiginosi si chiama Cyberpunk 2077. Da gioco più anticipato del 2020, quello di CD Projekt ha esordito come un clamoroso fallimento, poi è stato aggiustato pezzo a pezzo (e secondo alcuni mai del tutto). Ci si è accorti che fosse diventato migliore dopo l’uscita di un anime dello studio Trigger, Edgerunners, ambientato nello stesso universo, che ha riacceso i riflettori sullo spunto di partenza. Video su TikTok? Certo, tantissimi, anche in questo caso, per almeno due miliardi e mezzo di visualizzazioni. Questa valanga di contenuti ha avuto come conseguenza la nascita di una hit: si tratta di I Really Want to Stay At Your House di Rosa Walton, commento musicale ricorrente e pezzo della colonna sonora di 2077.

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1752 videogiochi sul negozio digitale Steam possiedono l’etichetta “cyberpunk”, tra questi ce n’è uno con un gatto di cui si sarà parlato anche in orbita tra gli astronauti a bordo dell’ISS, rilasciato l’estate scorsa con il nome di Stray. Le ricerche su Google confermano quello che ho cercato di dimostrare fino a qui: con un picco nel dicembre del 2020, data di uscita di 2077, la chiave di ricerca “cyberpunk” non ha mai raggiunto valori più bassi di quelli antecedenti al 2018, anche per la sovrapposizione delle ricerche tra cyberpunk (genere) e cyberpunk (videogioco). I picchi suggeriscono che il primo significato sia annegato nel secondo, anche questo ci dice qualcosa. Sembrerebbe che la torta del cyberpunk sia sempre più grande, ma anche che la fetta di Akira sia cresciuta meno di altre.

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Su Letterboxd. il Goodreads dei film, 464mila utenti hanno aggiunto Akira ai guardati, mentre 1,11 milioni hanno fatto lo stesso con Blade Runner 2049 (che è più visto anche del prequel, fermo a 977mila). Su TV Time, un altro social dei film, Akira è stato aggiunto alla watchlist da 56mila utenti, Blade Runner 2049 da 264mila. Al momento in cui scrivo, l’opera di Otomo si trova al posto numero 2031 tra i film più popolari su IMDB, Harrison Ford e Ryan Gosling invece strappano una sorprendente, per un film del 2017, 145ma posizione. Poi c’è l’immancabile TikTok: i video con hashtag Akira hanno raccolto 1,2 miliardi di visualizzazioni, quelli con #bladerunner2049 invece 903 milioni. Tuttavia la prima etichetta rappresenta un ombrello sotto il quale rientrano più tipologie di contenuti (Akira è un nome di persona), la seconda è specifica per il film. Questo dipende naturalmente dal fatto che l’opera live action informa direttamente alcuni trend di successo, ma se un Wednesday non fa primavera allora ci metto anche un M3gan e uno Stranger Things per sostenere che esiste una correlazione, probabilmente bidirezionale, tra il successo di un film o di una serie nella vita reale e la sua presenza su una piattaforma esplosa nel 2021, quindi più utile al nostro discorso, perché reca ancora impressa l’impronta di un passato recente. Lo stesso può dirsi di Letterboxd, che esiste dal 2011 ma ha raddoppiato il numero di account durante la pandemia.

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Taito

A un livello creativo non ci libereremo mai della potenza di Akira finché si continuerà a parlare di cyberpunk, essendo quello di Otomo il secondo pilastro storico su cui poggia un’estetica peraltro molto conservativa, così rigida e definita che quasi smette di essere sé stessa se proviamo a cambiare una cosa o due (Matrix è cyberpunk?). Ho rivisto Akira dopo aver giocato a Cyberpunk 2077 e ho notato che l’entrata del bar dove facciamo la conoscenza di Kaneda è tale e quale all’ingresso di un locale di Night City (qui sotto una foto del mio avatar con la sua gang, in realtà PNG che ho avvicinato senza conoscerli solo per la foto opportunity).

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Un altro riferimento letterale ad Akira esiste in Cyberpunk nella forma della moto del protagonista, trasportata di peso da un’opera all’altra. Si tratta di un’operazione di marketing poco significativa, così come una citazione 1:1 potrebbe essere solo l’occhiolino degli sviluppatori ai gamer che condividono lo stesso background culturale. In realtà Akira è parte di Cyberpunk 2077 anche a un livello più sostanziale, basta fare un giro (volendo anche in moto) a Night City. L’architettura e l’urbanistica seguono l’andamento di Neo Tokyo: ci sono i quartieri scassati e disabitati della cinta esterna, pieni di zone franche e immondizia, fuori dalla portata del governo come foreste urbane in cui ci si può perdere e non essere trovati più. Ci sono sopraelevate come quella in cui è ambientata più di una scena dell’anime, che sgusciano tra i grattacieli del centro, luogo d’elezione di localini fighetti pieni di clienti facoltosi, dello stesso tipo umano di quelli al ristorante nella scena della moto di Akira. In questi ultimi cinque anni, la sgommata di Kaneda sulla moto ha aggiunto almeno Nope alle decine di omaggi in altrettanti film e serie, alcuni dei quali messi in fila in un video piuttosto famoso.

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Tutto ciò è la dimostrazione che, per quanto possa scivolare via dalla consapevolezza collettiva, l’uscita di Akira al cinema è stata come aggiungere un cucchiaio di succo di arancia al bicchiere pieno d’acqua che prima era il cyberpunk: separare le due cose adesso è impossibile.

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Sarà interessante capire quanto Blade Runner 2049 e Cyberpunk 2077, che secondo gli ultimi dati di settembre ha venduto 20 milioni di copie, saranno in grado di scolpire l’immaginario collettivo a propria immagine e somiglianza, almeno per un po’. Il secondo è in continuo aggiornamento e CD Projekt ha annunciato una serie di progetti collaterali: nel 2023 è in arrivo un’espansione con Idris Elba, nei prossimi anni un sequel, dal titolo provvisorio di Project Orion. 2049 dovrà dimostrare di essere riuscito ad andare oltre la tornata di meme e citazioni, influenzando i creativi del futuro e creando contaminazioni non estemporanee, senza nulla togliere al suo risultato temporaneo. Nuove tecnologie, eventi, dibattiti, estetiche, insomma un nuovo spirito dei tempi dovrà essere codificato per aggiornare periodicamente uno dei segmenti più oscuri di fantascienza. Akira è ormai parte di quel patrimonio, e giustamente lo celebriamo andando al cinema con religiosa devozione. Per il resto, chissà: ci diamo appuntamento alla celebrazione per i 40 anni?

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