Dante Alighieri: frasi, versi e aforismi per celebrare il Dantedì

25 Mar 2024

redazione

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25 Marzo 2024

Ogni 25 marzo si celebra il Dantedì, la giornata dedicata a Dante Alighieri, riconosciuto universalmente come il padre della lingua italiana e uno dei più grandi poeti della storia. La data non è casuale: simboleggia l'inizio del viaggio ultraterreno narrato nella "Divina Commedia", capolavoro immortale che attraversa l'Inferno, il Purgatorio e il Paradiso. Il Dantedì è un'occasione per riscoprire e valorizzare il patrimonio culturale e letterario lasciato da Dante, attraverso letture, eventi culturali e riflessioni sulle sue opere.

Dante Alighieri (1265-1321), il Sommo Poeta della letteratura italiana e mondiale, ha lasciato un'eredità letteraria senza tempo. La sua opera più nota, la "Divina Commedia", è considerata uno dei capolavori assoluti della letteratura universale, un viaggio allegorico che attraversa l'Inferno, il Purgatorio e il Paradiso, esplorando temi come la redenzione, la giustizia divina e l'amore.

Questo poema, scritto in terzine incatenate, ha contribuito a consolidare il volgare - al posto del latino - come lingua letteraria e poetica italiana, influenzando decisamente lo sviluppo del moderno italiano.

Oltre alla "Divina Commedia", Dante ha scritto altre opere che hanno fatto la storia della letteratura. Citiamo, tra le altre, "La Vita Nuova", una raccolta di poesia e prosa in gran parte dedicate al suo amore ideale, Beatrice, e il "De vulgari eloquentia", un trattato incompiuto dove Dante esprime la sua riflessione sull'uso dell'italiano volgare in contrapposizione al latino, lingua dominante nella letteratura e nella scienza del suo tempo. In quest'opera, Dante argomenta a favore della dignità e della ricchezza delle lingue volgari, anticipando di secoli i dibattiti sulla standardizzazione linguistica e sull'identità culturale. "Il Convivio", un'altra opera significativa, è un trattato filosofico scritto anch'esso in volgare, che mira a rendere accessibili le conoscenze filosofiche e scientifiche del tempo a un pubblico più ampio. Attraverso questa opera, Dante si propone come intellettuale impegnato a diffondere il sapere, non solo come poeta.

La vita di Dante fu profondamente segnata dall'esilio dalla sua Firenze nel 1302, a causa delle lotte politiche che divisero la città del tempo. Questa esperienza si riflette profondamente nelle sue opere, dove la politica non è mai solo contingenza storica, ma si intreccia con questioni morali, teologiche e filosofiche. L'esilio trasformò la visione del mondo di Dante, spingendolo a una ricerca spirituale che trovò la sua massima espressione nella "Divina Commedia".

Frasi e aforismi di Dante "Nel mezzo del cammin di nostra vita / mi ritrovai per una selva oscura, / ché la diritta via era smarrita" - Inferno, Canto I, versi 1-3. "Lasciate ogne speranza, voi ch'intrate" - Inferno, Canto III, verso 9. Fa parte dell'iscrizione che Dante immagina all'ingresso dell'Inferno, un monito per le anime che vi accedono. "Amor, ch'a nullo amato amar perdona, / mi prese del costui piacer sì forte, / che, come vedi, ancor non m'abbandona" - Inferno, Canto V, versi 103-105. Questi versi sono pronunciati da Francesca da Rimini, che racconta la sua tragica storia d'amore. "E quindi uscimmo a riveder le stelle" - Inferno, Canto XXXIV, verso 139. Questo verso conclude l'Inferno, segnando il passaggio di Dante e Virgilio dall'oscurità infernale alla speranza rappresentata dalle stelle nel cielo notturno. "Libertà va cercando, ch'è sì cara, / come sa chi per lei vita rifiuta" - Purgatorio, Canto I, versi 71-72. Virgilio rivolge queste parole a Catone Uticense (custode dell'accesso al monte del Purgatorio), riferendosi al suo suicidio. "Ahi quanto a dir qual era è cosa dura / esta selva selvaggia e aspra e forte / che nel pensier rinova la paura!" - Inferno, Canto I, versi 4-6. Dante descrive la selva oscura, simbolo delle sue perplessità e paure interiori all'inizio del suo viaggio spirituale. "Fatti non foste a viver come bruti, / ma per seguir virtute e canoscenza" - Inferno, Canto XXVI, versi 119-120. Queste parole sono di Ulisse, nel momento in cui ricorda il momento in cui ha esortato i suoi compagni a viaggiare verso l'ignoto, oltre le Colonne d'Ercole.  "E io a lui: 'Poeta, io ti richeggio / per quello Dio che tu non conoscesti, / affinché mi fugga questo male e peggio'" - Inferno, Canto I, versi 127-129. Dante si rivolge a Virgilio, chiedendogli aiuto per uscire dalla selva oscura. "La gloria di colui che tutto move / per l'universo penetra, e risplende / in una parte più e meno altrove" - Paradiso, Canto I, versi 1-3. Con questi versi si apre il Paradiso, dove Dante esalta la gloria di Dio che permea l'universo. "Così l'animo mio, ch'ancor fuggiva, / si volse a retro a rimirar lo passo / che non lasciò già mai persona viva" - Inferno, Canto I, versi 22-24. In questi versi, all'inizio della sua epica avventura nella "Divina Commedia", Dante descrive il momento in cui, ancora turbato e incerto, si volta indietro per guardare il cammino pericoloso che ha appena intrapreso, un cammino che nessuno prima di lui aveva completato e sopravvissuto per raccontarlo.
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