Filippo Turetta, la sentenza: ergastolo senza crudeltà. Escluso ...
Ergastolo. La Corte d'Assise di Venezia ha inflitto il massimo della pena a Filippo Turetta, il ventitreenne di Torreglia, in provincia di Padova, accusato di aver ucciso l'ex fidanzata, Giulia Cecchettin, l'11 novembre del 2023. La sentenza è stata letta ieri pomeriggio, attorno alle 16, dal presidente Stefano Manduzio, a conclusione di una camera di consiglio durata circa sei ore.
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Giudici togati e giuria popolare hanno accolto la richiesta di pena formulata dal sostituto procuratore che ha coordinato le indagini, Andrea Petroni, riconoscendo il giovane imputato responsabile dei reati a lui contestati, ovvero omicidio volontario, aggravato dalla premeditazione e dal rapporto affettivo con la vittima, nonché sequestro di persona, occultamento di cadavere, escludendo invece la sussistenza di altre due aggravanti contestate dalla procura, quelle della crudeltà e degli atti persecutori. A Turetta non sono state concesse le attenuanti generiche richieste dal suo difensore, l’avvocato Giovanni Caruso, con la conseguenza della condanna alla pena massima prevista dal codice penale, con interdizione perpetua dai pubblici uffici e pubblicazione della sentenza.
IL RISARCIMENTO
La Corte ha imposto all’imputato anche di risarcire i familiari di Giulia, incaricando il tribunale civile di quantificare l’esatto importo dovuto a ciascuna delle parti civili. Nel frattempo ha accordato loro una provvisionale immediatamente esecutiva: 500mila euro da versare al padre della studentessa ventiduenne di Vigonovo, Gino Cecchettin; 100mila euro ciascuno al fratello Davide e alla sorella Elena; 30mila euro ciascuno allo zio Alessio e alla nonna Carla Gatto. Risarcimenti che rischiano di restare sulla carta, simbolici, considerato che Turetta non possiede beni, né redditi: essendo maggiorenne, non ricade sui genitori l’onere di pagare per suo conto. Ieri in udienza non erano presenti i fratelli di Giulia che, fin dall’inizio, hanno preferito sottrarsi ai riflettori puntati sul processo e alla pressante attenzione mediatica. Filippo Turetta ha ascoltato in piedi le parole del presidente della Corte, circondato da agenti della polizia penitenziaria, con la testa china: lo stesso atteggiamento con cui ha seguito tutto il processo.
L’udienza di ieri si era aperta con la rinuncia alle repliche da parte del pm Petroni e la conseguente chiusura del dibattimento. Inizialmente il presidente della Corte aveva dato appuntamento alle parti verso le 15, per poi rinviare di un’ora la lettura della sentenza, le cui motivazioni saranno depositate tra 90 giorni. A scriverle sarà la giudice a latere Francesca Zancan.
IL PERCORSO
La difesa ha giocato anche la carta della giovane età di Turetta per cercare di evitare il massimo della pena. Ma la Corte ha ritenuto che le modalità dell’uccisione di Giulia giustifichino l’ergastolo. Se confermato anche nei gradi successivi, il “fine pena mai” prevede in realtà la possibilità di un ritorno in libertà a seguito di un buon comportamento del reo. Dopo aver scontato 26 anni (che possono essere ridotti a 19 anni e mezzo grazie alla liberazione anticipata, ovvero la detrazione di 45 giorni per ogni singolo semestre di pena scontata, concessa in caso di buona condotta) il condannato all’ergastolo può infatti usufruire della liberazione condizionale, cioè della sospensione dell’esecuzione della pena per un certo tempo, trascorso il quale, senza la commissione di altri reati, la pena si estingue. Presupposti per la liberazione condizionale sono, oltre l’aver scontato una certa quantità di pena, il ravvedimento e l’aver adempiuto alle obbligazioni civili, tra cui il risarcimento dei danni. Ottenuta la liberazione condizionale, il condannato all’ergastolo è sottoposto per cinque anni ad un regime di libertà vigilata, con prescrizioni e obblighi da rispettare. Se la sua condotta rimane soddisfacente, al termine di questo periodo la pena è considerata definitivamente estinta e il reo torna ad essere un cittadino libero. Per Turetta ciò potrebbe verificarsi attorno ai 50 anni di età.
Chi è condannato all’ergastolo, sempre nel caso di buona condotta, può iniziare a beneficiare di permessi premio dopo aver espiato 10 anni di pena (ridotti a 8 grazie all’istituto della liberazione anticipata). E può godere della semilibertà dopo aver espiato 20 anni (che possono essere ridotti a 15 grazie alla liberazione anticipata).