Nessuno sconto a Filippo Turetta: per il giovane che ha ucciso l'ex fidanza Giulia Cecchettin, è arrivato l'ergastolo, com'era stato chiesto dalla Procura di Venezia. La Corte d'Assise, dopo sei ore di camera di consiglio, lo ha dichiarato responsabile di omicidio premeditato, ma non ha riconosciuto l'aggravante della crudeltà e l'ha assolto dal reato di atti persecutori nei confronti della ragazza, dunque di stalking, punti sui quali aveva insistito la difesa dell'imputato.
Video Ergastolo a Turetta per il femminicidio di Giulia Cecchettin
La sentenza è stata letta in pochi minuti dopo le 16 dal giudice Stefano Manduzio in un silenzio surreale, dove a far rumore è stata solo quella parola: 'fine pena mai'. A segnare il destino processuale del giovane sono state l'aggravante della premeditazione e la mancata concessione delle attenuanti generiche equivalenti. Turetta ha ascoltato la sentenza impassibile, con gli occhi chiusi e il capo chino. Non una parola, non un gesto, stretto nella sua felpa blu.
Si chiude così la prima fase di una vicenda che ha segnato non solo le due famiglie ma l'intero paese: Giulia, che voleva solo vivere libera la sua vita, ammazzata con 75 coltellate, la fuga del giovane Turetta, il ragazzo di buona famiglia, fino in Germania dopo aver gettato il corpo in un fosso, l'arresto e la confessione, un processo lampo. E ancora, l'enorme dignità di Gino Cecchettin e dell'intera famiglia, mai una parola a sproposito, un impegno vero per evitare che altre ragazze, come ha ribadito il papà anche oggi, facciano la fine di Giulia.
La fredda contabilità della giustizia prevede che oltre alle interdizioni di legge per Turetta, sia disposto un risarcimento alle parti civili con il pagamento di una provvisionale di 500mila euro a Gino Cecchettin, 100mila ciascuno ai fratelli di Giulia, Elena e Davide, 30mila ciascuno alla nonna Carla Gatto e allo zio Alessio, oltre alle spese di costituzione legale. Le motivazioni verranno depositate entro 90 giorni.
"La mia sensazione - ha detto Gino Cecchettin dopo la lettura del verdetto - è che abbiamo perso tutti come società, nessuno mi ridarà indietro la mia Giulia, e io non sono né più sollevato né più triste di ieri e o di domani. Come essere umano mi sento sconfitto, come papà non è cambiato nulla". Parole che il presidente della Cei Matteo Zuppi ha definito "una grande lezione per tutti noi". Il padre di Giulia ha trovato anche il tempo e la forza di stringere la mano all'avvocato di Turetta, con il quale si era risentito per le parole nell'arringa che avevano "offeso la memoria di Giulia": "ci siamo chiariti, da persone civili". Non perdonano i parenti di Giulia, nonna Carla Gatto e lo zio Alessio. "Non ci si può certo dire soddisfatti di una sentenza. Noi - ha detto la donna - abbiamo il nostro dolore e ce lo portiamo, fino alla tomba. Non si prova più niente".
Nessuna dichiarazione invece dal Pm Andrea Petroni, che ha visto sostanzialmente confermato dalla Corte il suo impianto accusatorio, riconosciuto con il massimo della pena. Soddisfatti gli avvocati della famiglia Turetta. "E' la sentenza che francamente ci aspettavamo, leggeremo le motivazioni - ha commentato Stefano Tigani, il legale del papà di Giulia - Dal punto di vista risarcitorio la richiesta è stata soddisfatta.
Nessuno vince oggi, la fine di un processo è un accertamento che vedrà gradi di impugnazione e dovremo combattere anche là". E vero che si tratta solo del primo round del processo a Turetta, ma - ha sottolineato Tigani - "è segnato da un ergastolo con una aggravante pesantissima, la premeditazione. Sono convinto che la sentenza passerà indenne nei successivi gradi, a cominciare dall'appello".
Quel che è certo è che Turetta avrà tutto il tempo per pensare a quello che ha fatto. "ha compreso il dispositivo della sentenza - ha commentato il suo avvocato Giovanni Caruso - glielo ho spiegato, non è stordito. E' consapevole, nei limiti del possibile ovviamente". Secondo il legale, però, "non è stata accolta in toto la richiesta della Procura", soprattutto per quanto riguarda la crudeltà e gli atti persecutori.
"Ho spiegato nella mia arringa che la crudeltà nel gergo comune non è la stessa di un processo penale. Il numero di coltellate non è indicativo della crudeltà. Quanto allo stalking, Giulia non aveva paura di Filippo". Per Turetta si apre ora un periodo indefinito in carcere, a Verona, dove è rinchiuso da un anno e dove è stato subito riaccompagnato. Secondo la legge potrà uscire tra 26 anni, con la possibilità di scendere a 21 nel caso di un percorso irreprensibile volto alla redenzione.
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