Corea del Sud, lo scontro nel Paese tra legge marziale e ...
Quarta potenza economica asiatica, Stato difensore delle democrazie liberali, alleato di ferro degli Stati Uniti. Nessuno si aspettava quello che è successo nella giornata del 2 dicembre in Corea del Sud. Con una mossa a sorpresa, il presidente Yoon Suk-yeol, ex procuratore capo del Paese dal 2019 al 2021, intorno alle 15 (ora italiana) dichiarava la legge marziale d’emergenza.
In un discorso alla Nazione accusava il Parlamento, controllato dalle opposizioni, di simpatizzare con il Nord comunista e di paralizzare volutamente l'azione del governo: "Sradicherò le forze filo-nordcoreane e proteggerò l'ordine democratico costituzionale. Attraverso questa legge marziale, ricostruirò e proteggerò la libera Repubblica di Corea". Un decreto andava a bandire le attività parlamentari e dei partiti politici, abolendo le manifestazioni e mettendo sotto controllo i media. "Coloro che violano la legge marziale possono essere arrestati o perquisiti senza mandato", si intimava nel decreto.
Alla fine tutto si è risolto: in serata Yoon Suk-yeol ha ritirato la legge, di fronte alle proteste di piazza e all'opposizione unanime del Parlamento. Oltre che alle pressioni dell'alleato americano. Per qualche ora il Paese è però ripiombato nell'incubo dello stato d’emergenza, tra militari e carri armati per le strade. La vicenda ha riportato a galla il passato della Corea del Sud, insieme al fantasma che non l'ha mai abbandonata, quello comunista agitato da Pyongyang.