Notre Dame: il potere e la luce - SettimanaNews

20 ore ago

La riapertura della cattedrale di Parigi si coniuga con il patrimonio religioso della nazione. La prima sarà celebrata il 7-8 dicembre con la presenza di centinaia di capi di stato, il secondo è stato censito e presentato il 18 novembre.

Notre Dame - Figure 1
Foto SettimanaNews

L’anteprima della riconsegna di Notre Dame alla diocesi e alla nazione è avvenuta con la visita del presidente Emmanuel Macron alla cattedrale, completamente restaurata dopo il devastante incendio del 15 aprile 2019 (ND: reliquia post-moderna; ND: la dismissione delle chiese; ND: la guiglia e la nazione).

Con a fianco l’arcivescovo di Parigi, mons. Laurent Ulrich, e seguito dalla TV nazionale per alcune ore di diretta, il presidente ha sostato sui punti più rilevanti del restauro: il sagrato, la navata, il transetto, la struttura lignea del tetto, il coro, la cappella Saint-Marcel, l’organo e il deambulatorio. Ha voluto salutare e intrattenersi con oltre 1.200 lavoratori (scalpellini, restauratori, ingegneri, informatici, carpentieri ecc.) del “cantiere del secolo e dell’eccellenza francese”.

È la settima visita, fiore all’occhiello di una presidenza che va verso la conclusione. Il tratto pubblico e politico dell’impresa è giustificato dalla proprietà statale dell’edificio, ma soprattutto dal traino del presidente alla raccolta fondi (340.000 offerenti di 150 paesi, 843 milioni offerti), al coordinamento di 250 imprese, al rispetto dei tempi previsti. L’arcivescovo ha ammesso: «È al presidente della Repubblica che dobbiamo la rapidità della ricostruzione. Non possiamo dimenticarlo».

Sei polemiche

La prevalenza della dimensione politica culturale nella comunicazione pubblica degli eventi è confermata dalle principali discussioni che hanno accompagnato la ricostruzione.

La prima riguardava i tempi. La richiesta di Macron di chiudere il restauro in cinque anni era considerata impossibile. I tecnici parlavano di 15 anni, mentre si è rivelata viabile grazie alla volontà politica e al coordinamento del generale J.-L. Georgelin (e poi di P. Jost).

Molto vivace il dibattito sulla guglia realizzata nell’800 da Eugéne Viollet-le-Duc e distrutta dall’incendio. L’ipotesi era di introdurre un elemento di novità architettonica in sua sostituzione, ma subito è stata affossata dall’urgenza di chiudere in fretta e dalla resistenza a modifiche del manufatto.

In merito alla “foresta di legno” e cioè alla struttura medioevale del tetto il dibattito si è acceso per la necessaria aggiunta del piombo. Ma anche in questo caso ha prevalso l’indirizzo di conservazione.

Ancora aperta è la questione delle vetrate che Viollet-le-Duc aveva voluto ingrigite mentre sono ora oggetto di un concorso nazionale fra otto artisti e altrettante aziende. Ma il concorso non si è ancora concluso.

Ultima polemica in ordine di tempo è la proposta del ministro Rachida Dati di far pagare l’ingresso, subito rifiutata dal presidente dei vescovi, mons. Eric de Moulin-Beaufort.

La vera novità (anch’essa discussa) è arrivata dall’arredo liturgico e dal rinnovo delle custodie delle reliquie. È stata l’occasione per rifare l’altare, l’ambone e il battistero usando meglio gli spazi in conformità alle riforme liturgiche conciliari e rinnovando le preziose custodie delle reliquie (la corona di spine, un pezzo della croce e un chiodo della medesima).

Il nocciolo religioso e cattolico

Il versante pastorale non è in primo piano nella comunicazione pubblica, ma è quello che permette la continuità anche simbolica della cattedrale. Vi è stato in settembre un pellegrinaggio nazionale distribuito in sette vie che hanno attraversato il paese.

Il 15 novembre una nutrita processione di fedeli ha accompagnato il ritorno in cattedrale della statua della Vergine. Dopo la messa inaugurale ci saranno celebrazioni per otto giorni consecutivi e sono in preparazione alcuni pellegrinaggi diocesani e nazionali.

L’arcivescovo Ulrich ha sottolineato la dimensione propriamente cattolica e non solo storico-civile dell’evento. «Continuiamo a proporre la fede come il vettore che ha reso possibile la cattedrale e che giustifica l’utilizzo ancora oggi della medesima.

Notre Dame - Figure 2
Foto SettimanaNews

Nella riapertura la dimensione religiosa è il cuore decisivo. Non sarà solo il taglio di un nastro per un edificio rinnovato […] Cristo sarà al centro. Quando aprirò la porta batterò al cuore di Cristo. Entreremo dal portale del giudizio universale come faranno poi i fedeli e i visitatori. Il senso della visita che sarà suggerito è stato modificato e metterà in contatto quelli che entrano con il mistero cristiano».

Ha ricordato come molti dei nuovi battezzati abbiano ricordato l’incendio di Notre Dame come un momento di riflessione e di motivazione per la fede.

Forza simbolica

La forza simbolica della cattedrale ha fatto scorrere molto inchiostro. Cito alcuni commenti fra i molti registrati da La Croix.

«Il grande problema del mondo attuale che avverto come psicologo clinico è l’angoscia che il tempo possa fermarsi, che non ci sia più un avvenire se non la catastrofe, che viviamo senza futuro. Abbiamo bisogno di un tempo collettivo e di luoghi per elaborare questa angoscia contemporanea legata all’esperienza della fragilità. Notre Dame vi risponde per quanto attiene alla sua pertinenza» (Jacques Arènes, psicanalista).

La cattedrale appartiene e rappresenta tutte le “diverse France” in ragione «della capacità eccezionale di Notre Dame a riunire e ricomporre permanentemente le stratificazioni storiche che costituiscono questo antico e diviso paese che è la Francia» (Gilles Drouin, teologo).

«Non dimentichiamo che Notre Dame è una presenza materna» (Francois Cheng, poeta).

I visitatori abituali dell’edificio «vivono una forma di corpo a corpo con il monumento malgrado la folla» (Sylvie Sagnes, antropologa).

«In materia religiosa ma ancora più altrove ci si indurisce oggi sull’identità del passato in maniera sorprendente. Tale nostalgia va stranamente di pari passo con la celebrazione del patrimonio cristiano che però è un cristianesimo senza Cristo, un cristianesimo estetico piuttosto che etico e soprattutto un cristianesimo estraneo alla fede e alla cultura» (J.L. Schlegel, saggista).

«Un cristianesimo ostentato, un cattolicesimo contro-culturale, opposto in particolare al fronte del relativismo» (Daniele Hervieu-Légier, sociologa).

«Attraverso la cattedrale si afferma qualcosa che va oltre l’ordine del riconoscimento della bellezza. Vi è una aspirazione ad altro, alla trascendenza, anche se molti non sanno esprimerla» (Michel Fédou, teologo).

Patrimonio cristiano nazionale

L’incendio della cattedrale di Parigi «ha fatto prendere coscienza di quanto il patrimonio cristiano sia prezioso e fragile. Dopo il disastro abbiamo ricevuto molte richieste per creare fondazioni destinate alla salvaguardia dei monumenti» (Axelle Davezac, direttrice della Fondazione di Francia, presidente dell’associazione Siti&Monumenti).

La Conferenza episcopale di Francia ha avviato gli stati generali del patrimonio religioso da settembre 2023 a dicembre 2024. Attraverso una grande inchiesta nazionale, che ha visto la partecipazione di 87 su 94 diocesi, una serie di audizioni che hanno interessato oltre 40 personalità di rilievo e oltre 30 appuntamenti e convegni locali, i vescovi hanno risposto a un rapporto del senato della Repubblica che chiedeva un quadro aggiornato della situazione dei monumenti e delle chiese nel paese. In particolare di quelli a rischio.

Gli edifici sacri di proprietà comunale sono 40.068 (per la legge sulla libertà religiosa del 1905 la proprietà delle chiese è dello stato e delle amministrazioni locali), 2.145 sono di proprietà diocesana. Le chiese dismesse dal 1905 in poi sono 326 e quelle sconsacrate sono 411. Sono attualmente chiuse 1.679 chiese, mentre 72 sono state demolite e 16 sono in costruzione. Le cattedrali sono 149 (87 di proprietà comunale, 52 di altri, come regioni e diocesi). Dal 2000 sono state svaligiate 2.666 chiese. Sono in stato di degrado 1.476 edifici e 392 sono stati profanati. Sono quindi circa 4.500 le chiese a rischio di degrado.

L’84% delle diocesi ha fatto l’inventario degli immobili o lo sta facendo. I musei diocesani sono 28, quelli non appartenenti alle diocesi ma dedicati all’arte sacra sono 51 e 64 sono i tesori custoditi nelle cattedrali.

Vi è, accanto al patrimonio immobiliare, un grande patrimonio immateriale composto, ad esempio, dai cammini dedicati ai pellegrini, dalle ostensioni, dalle processioni (le più importanti sono 266), dalle feste patronali, dai “perdoni” locali.

Il 39% delle chiese sono regolarmente aperte. Sono circa 35.000 le associazioni che si prendono cura della custodia e sorveglianza degli edifici. Del patrimonio immateriale fanno parte l’uso delle chiese per ragioni caritative (distribuzione del cibo, accoglienza dei pellegrini ecc.), per motivi sociali e turistici, per scopi culturali ed educativi (concerti, esposizioni, spettacoli, scuole musicali ecc.) e per ragioni ecumeniche (a favore di comunità protestanti, ortodosse, anglicane ed evangelicali). Vi sono anche utilizzi economici (librerie).

Destinazione cultuale e sociale

La discussione sull’uso “compatibile” delle chiese, la cui destinazione sociale è da tutti riconosciuta, è in atto da tempo. Un edificio, spesso il più importante e prezioso del paese, che è di proprietà pubblica ma che è affidato alla Chiesa (il termine giuridico è “affectation”), è chiamato ad un uso sociale, purché non sia contrario alla sua funzione cultuale. Il mantenimento di uno statuto cultuale è rilevante perché esso assicura il possibile uso sociale dell’immobile.

Se “disaffectato” l’edificio diventa appannaggio dei privati. Trovare le forme di un uso condiviso e rispettose sembra essere la sfida centrale per il futuro di molte chiese nel paese.

Nella relazione finale degli stati generali (18 novembre), il presidente della Conferenza episcopale, mons. Eric de Moulins-Beaufort, ha apprezzato l’iniziativa del presidente della Repubblica che, nel settembre del 2023, ha aperto una colletta nazionale per sostenere il patrimonio delle chiese nei comuni con meno di 10.000 abitanti.

«Le nostre chiese di paese, di quartiere, le nostre cattedrali, sono sempre stati luoghi aperti a tutti, in primo luogo ai poveri, alle persone ferite dalla vita, a quelli che hanno bisogno di piangere, di riprendersi, di trovare un rifugio. Tenerle chiuse per evitare il degrado, limitarne o complicarne l’entrata per ragioni di sicurezza, far pagare l’ingresso per assicurare il mantenimento, sarebbero maniere per tradire la loro vocazione originale. Nelle nostre società in cui tutto è sorvegliato e molte cose sono abbordabili solo se si paga, le chiese di Francia, le nostre cattedrali, sono una strepitosa eccezione […] Chiedere che tale patrimonio esca dalle leggi economiche è senza dubbio costoso per la collettività, ma una simile attitudine, come è oggi nel nostro paese, è promettente per il suo avvenire, per la sua fraternità futura».

Leggi di più
Le news più popolari della settimana