Turetta, oggi la sentenza: il processo Cecchettin in diretta | Udienza ...

19 ore ago
Turetta sentenza
La sentenza slitta di un'ora: arriverà verso le 16

Slitta di almeno un'ora il termine della camera di consiglio della Corte d'Assise di Venezia, riunita per decidere della sentenza a carico di Filippo Turetta. A dirlo l'agenzia LaPresse. Il presidente della Corte d'Assise di Venezia, Stefano Manduzio, stamattina aveva comunicato che si sarebbe potuti arrivare a una decisione «non prima delle 15». Ora, a quanto riferisce l'agenzia, la camera di consiglio non terminerà prima delle 16.

La difesa di Turetta: «Non è El Chapo»

Il 26 novembre, davanti alla Corte d'assise di Venezia hanno parlato i legali del 22enne. «Filippo Turetta sa che dovrà fare molti anni di galera, ma non è el Chapo, non è Pablo Escobar» ha detto nell'arringa il professor Giovanni Caruso (nella foto in basso), che nelle quattro ore di discussione ha sostenuto che Turetta non puntava ad essere un latitante inafferrabile. In un'altra parte del suo intervento, l'avvocato ha tentato di rivalutare il rapporto di Filippo con Giulia, confutando le contestazioni del reato di stalking e le relative aggravanti. «Giulia Cecchettin non aveva paura di Filippo Turetta - ha detto Caruso - Voleva lasciarlo ed aveva scritto una lista che elencava i motivi per interrompere quel rapporto. Giulia andava da uno psicologo, ma non ci risulta che fosse per la relazione con Filippo». «Nessuno dubita che Filippo fosse ossessionato da Giulia - ha proseguito - ma i tanti messaggi da "relazione tossica" non possono essere relativi alla loro relazione prima dell'ottobre 2023».

La richiesta dell'accusa: ergastolo per Turetta

Il 25 novembre, dopo due ore e venti minuti di requisitoria, il pm Andrea Petroni (nella foto sotto) ha chiesto l'ergastolo per Filippo Turetta, il quale, seduto al centro dei suoi difensori Giovanni Caruso e Monica Cornaviera, felpa rossa con il cappuccio, non ha mai alzato la testa e mai fiatato, nemmeno mentre il pm leggeva la raffica di messaggi, alcuni molto pesanti, tra lui e Giulia. L'accusa ha confermato tutte le aggravanti contestate, a partire dalla premeditazione e dalla crudeltà. Su quest'ultima ha sottolineato non solo la violenza e durata dell'azione omicidiaria, ma di tutto il piano, che prevedeva l'immobilizzazione della vittima, più fasi di aggressione. «Ci sono state ferite anche in posizioni inaccettabili per far morire una persona, per esempio il sopracciglio o l'orecchio - ha detto rivolto ai giudici della Corte d'assise, con il presidente Stefano Manduzio, la collega Francesca Zancan e i popolari - C'è stata insensibilità all'altrui patimento. La pressione sulla bocca, 25 tagli sulle mani, le urla, potete solo provare a immaginare. Questa è la crudeltà».

Turetta e l'interrogatorio in aula

Il 24 ottobre Turetta è stato interrogato dal pm Andrea Petroni: il 22enne davanti al sostituto procuratore (e a Gino Cecchettin) ha alternato pause e ammissioni rispetto al verbale di quando l’1 dicembre 2023 era stato sentito dal pm Andrea Petroni («avevo detto tante bugie perché avevo paura di essere abbandonato dai miei genitori»). Gli occhi bassi e le lacrime che solo una volta si sono inteviste sul viso, quando rispondeva alle domande dell’avvocato Nicodemo Gentile: «Perché ha ucciso Giulia Cecchettin?». «Volevo tornare insieme a lei e lei non mi voleva – ha risposto – , Questa cosa mi creava sconforto e rabbia». Perché Filippo Turetta fin da subito ha ammesso il motivo per cui, quattro giorni prima del delitto, aveva scritto sul suo cellulare una nota in cui si immaginava cosa comprare per immobilizzarla: «Lo avevo fatto perché volevo rapirla per stare un po’ di tempo con lei e poi toglierle la vita».

Come funziona la Corte d'assise che giudica Turetta

La Corte d’assise è un collegio cosiddetto misto perché è l’unico che comprende non solo giudici togati, ma anche i famosi «giudici popolari», estratti a sorte da un apposito albo, al quale ci si iscrive volontariamente: la loro presenza è simbolica della partecipazione del popolo alla decisione sui fatti più gravi previsti dal codice, tra cui ovviamente l'omicidio volontario aggravato, la strage, l'epidemia, il terrorismo, ma anche la riduzione in schiavitù o la tratta di esseri umani. I giudici togati sono due, il presidente (in questo caso Stefano Manduzio) e quello a latere (Francesca Zancan), mentre i giudici popolari sono 6, oltre ai due supplenti che oggi sono stati congedati. In camera di consiglio sono quindi in 8. La discussione è guidata dai giudici professionisti, che hanno più esperienza, ma la regola è che quelli popolari hanno lo stesso valore. Nel caso in cui si arrivi a una votazione, su singoli punti, sulla pena o sulla questione colpevolezza-innocenza, per prassi a votare sono sempre per primi i giudici popolari, in modo che non siano influenzati da quelli togati. In caso di parità (che può accadere, essendo in otto), prevale la soluzione più favorevole all’imputato, quindi l’innocenza o una pena più mite. Nel caso di Turetta, non essendo in dubbio la colpevolezza, potrebbe esserci un dibattito sull’entità della pena, se ergastolo o una minore.

Turetta: il processo sprint

Il 16 settembre alla scadenza del termine per il deposito delle liste dei testimoni in vista della prima udienza del processo era emerso, a sorpresa, come gli avvocati del giovane, Giovanni Caruso e Monica Cornaviera, avessero di fatto rinunciato a qualsiasi testimone, «accontentandosi» di quelli del pm. La stessa cosa aveva fatto la parte civile, con gli avvocato Nicodemo Gentile, Stefano Tigani e Piero Coluccio: da parte loro addirittura non era stata consegnata alcuna lista. Una decisione che ha consentito di velocizzare tutti i passaggi e di arrivare, di fatto, a una sentenza sprint in meno di 3 mesi e con sole 5 udienze.

Lo zio di Giulia: «Due famiglie nel dolore»

«Ognuna di queste due famiglie ha il proprio dolore. Spero che dalla parte di Turetta si soffra un po' di più, pensando che Giulia non c'è più, mentre Filippo è qui, anche se andrà in carcere». A dirlo Alessio Cecchettin, zio di Giulia, mentre il collegio è riunito in camera di consiglio. «Filippo non ha mai chiesto scusa - ha sottolineato - non ha mai nominato Giulia. Forse è stata la situazione, ma non capisco il perché». «Noi siamo sempre stati attenti e solidali con i suoi genitori - ha concluso Alessio Cecchettin - Forse io sono stato un po' aggressivo nelle mie espressioni, ma nulla più. Il nostro comportamento è quello delle prime ore, quando i due erano stati dati per scomparsi».

Gino si abbraccia con il padre di Sissy Trovato

All’uscita dall’aula Gino Cecchettin si è incrociato e ha scambiato un abbraccio con Salvatore Trovato Mazza, il padre di Maria Teresa, per tutti Sissy, la poliziotta penitenziaria trovata esanime in un ascensore dell’Ospedale Civile di Venezia l’1 settembre 2016 con un colpo di pistola in testa e morta due anni dopo. Un giallo, dato che per la procura è stato un suicidio mentre la famiglia ritiene che possa esserci stato un omicidio. Trovato Mazza, con la maglietta “Verità per Sissy” assisterà alla discussione di un processo in cui è imputata una detenuta per calunnia, per aver detto di aver saputo che nella morte della giovane agente era coinvolta una sua collega.

Caruso: «Mi ha fatto piacere chiarirmi con Gino»

Dopo il breve conciliabolo e la stretta di mano nell'aula del Tribunale di Venezia tra Gino Cecchettin e l'avvocato Giovanni Caruso, difensore di
Filippo Turetta, il padre di Giulia e il legale non hanno rilasciato dichiarazioni eccetto una breve battuta di Caruso riportata dall'Ansa: «mi ha fatto molto piacere potermi chiarire».

Nessuna dichiarazione spontanea: sentenza non prima delle 15

Come previsto non ci sono state repliche, né del pm Andrea Petroni, né delle altre parti. Anche Filippo Turetta, a richiesta del presidente della Corte d’Assise Stefano Manduzio, tramite il suo difensore Giovanni Caruso ha detto di non voler fare dichiarazioni spontanee. Il presidente ha quindi annunciato che la lettura della sentenza sarà «Non prima delle 15». La corte si è ritirata in camera di consiglio per la decisione: la giuria è composta da due giudici togati e da sei giudici popolari.

Al via l'ultima udienza: Turetta in aula con la felpa blu

Inizia l'ultima udienza del processo a carico di Filippo Turetta. La Corte d'Assise di Venezia, presieduta da Stefano Manduzio, è chiamata a pronunciarsi in merito alla sentenza di primo grado. In aula ci sono Gino Cecchettin, papà di Giulia Cecchettin, e la nonna Carla Gatto. Turetta è presente in aula vestito con una felpe blu, con i suoi avvocati difensori Giovanni Caruso e Monica Cornaviera.

In aula arriva Gino Cecchettin

Gino Cecchettin è arrivato in aula a Venezia: il padre di Giulia ha stretto la mano anche all'avvocato Giovanni Caruso, legale di Filippo Turetta, con il quale la scorsa settimana ci sono state alcune polemiche per l'arringa difensiva in aula. «La memoria di Giulia è stata umiliata» aveva scritto Gino in un post sui social. «La capisco umanamente ma il mio lavoro non è facile» ha poi detto Caruso a Carla Gatto, la nonna di Giulia. (foto Alberto Zorzi)

La «fuga» di Turetta

Alle 23.41.23 Turetta esce dall’inquadratura e mezzo minuto dopo arriva con l’auto e la carica. Ma non scappa subito: si ferma 4 minuti davanti all’azienda Speedlogistik, dove spegne il telefono di Giulia e poi il suo. La «fuga» inizia alle 23.47, prima nel Veneziano, poi nel Trevigiano, fino a quando arriva a Sacile e poi a Piancavallo. Sono le 2.59 e da lì riparte solo alle 4.13: motivo per cui fin da subito le ricerche del corpo si concentrano lì. Prima di partire cancella la famosa «lista delle cose da fare» per il delitto. Riparte, scende a Barcis, Longarone, Valzoldana fino a Cortina, ripreso da decine di telecamere. Alle 8.50 il famoso pieno di benzina con una banconota sporca di sangue e i vestiti invece puliti, dopo averli cambiati. Alle 9.32 è a San Candido, mezz’ora dopo in Austria. Verrà preso in Germania una settimana dopo.

Il minuto per minuto dell'omicidio

Filippo esce di casa alle 14.56 ritira due delle cose che gli serviranno per il delitto. Alle 16.59 è sotto casa di Giulia, che gli chiede di aspettare «due minuti». Alle 17.50 arrivano alla Nave de Vero, girano tra i negozi e poi mangiano assieme: alle 21.02 lei gli offre la cena da McDonald’s, come certificano i 17,80 euro pagati con la sua carta. Alle 22.40 partono, alle 23.08 entrano a Vigonovo e 3-4 minuti dopo sono nel park a poche decine di metri da casa Cecchettin. Considerando che la chiamata al 112 del vicino di casa, che denuncia di aver visto un uomo picchiare una donna che gridava «aiuto», è delle 23.18, la lite in auto e l’aggressione durano non più di 6-7 minuti. Turetta carica la ragazza in auto e in dieci minuti è nella zona industriale di Fossò. Lì gira in tondo una dozzina di minuti, probabilmente si ferma per zittirla, chiuderle la bocca con lo scotch, colpirla a coltellate (alla fine saranno 75, due mortali sulla nuca profonde 6 centimetri). Alle 23.39.43 la Fiat Punto nera viene ripresa una prima volta davanti alla fabbrica Dior, la seconda alle 23.40.21: 16 secondi dopo nell’inquadratura entra la figura di Giulia che corre, fuggita dall’auto. Alle 23.40.40 Filippo la raggiunge, lei cade, viene colpita altre volte, stramazza al suolo incosciente.

La requisitoria e il perché è stato un omicidio crudele

La requisitoria depositata dal pm Andrea Petroni consente di ricostruire «minuto per minuto» la giornata culminata nel massacro di Giulia a coltellate in tre fasi, uno dei motivi per cui l’accusa l’ha ritenuto un omicidio «crudele». Ad avviare la giornata, alle 7.57, c’è il primo messaggio di lei, che gli conferma di non avere più sentimenti nei suoi confronti. Una precisazione importante, perché quel giorno alle 17 si devono vedere per andare insieme al centro commerciale Nave de Vero di Marghera a prendere il vestito per la laurea di Giulia. Concetto ribadito alle 15.16: «Non voglio tornare tardi e se appena inizi a tontonarmi sul tipo torniamo a casa», gli scrive, riferendosi a un ragazzo per cui ha iniziato una simpatia.

Turetta e la vita in carcere a Montorio

Filippo Turetta è recluso da oltre un anno nel carcere di Montorio, dove chi lo frequenta racconta che passa il suo tempo tra musica, un corso d’inglese, la palestra, la tv e i libri. «Filippo sa che dovrà passare buona parte della sua vita in carcere», ha detto nella sua arringa il legale Giovanni Caruso, anche se non fosse il «fine pena mai».

Processo Turetta, attesa per la sentenza

È il giorno della sentenza per Filippo Turetta, il padovano di 22 anni reo confesso dell'omicidio di Giulia Cecchettin, l'ex fidanzata uccisa con 75 coltellate l'11 novembre del 2023. Alle 10 si torna in aula per l'ultima delle udienze del processo lampo: la Corte d'Assise di Venezia, presieduta da Stefano Manduzio, è chiamata a pronunciare la sentenza di condanna. Turetta rischia l'ergastolo: deve rispondere di omicidio volontario aggravato da premeditazione, crudeltà, efferatezza, stalking e occultamento di cadavere. Per lui l'accusa ha chiesto l'ergastolo, la difesa, durante l'arringa, ha chiesto che cadano le aggravanti e che siano considerare le attenuanti generiche.

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