Massimo Pericolo: “Rivendico di arrivare dalla provincia”

1 Dic 2023
Massimo Pericolo

A un certo punto Massimo Pericolo, parlando di “Totoro 2”, una delle canzoni più significative e belle presenti nel nuovo album “Le cose cambiano”, descrive il suo immaginario come una sorta di “realismo magico”. Un piccolo universo di provincia, quello raccontato nel brano e in generale in questo terzo disco, in cui convivono ragazzi intrappolati tra sogni, paure e speranze, madri affaticate che aspettano il bus per andare al lavoro, tossici, supermercati, centri massaggi, amori delicati e rugginosi, e tutto è avvolto da una magia, appunto, che coincide con il disincanto e allo stesso tempo con la speranza di una svolta liberatoria. Non è un caso che il rapper di Brebbia abbia una fascinazione per gli anime giapponesi in cui spesso brutalità e incanto si abbracciano. Estremi su cui si fonda la sua poetica.

Dalla provincia, per la provincia

“Questo disco non solo parla di provincia, ma è dedicato alla provincia, luogo da cui rivendico con orgoglio di arrivare – spiega Alessandro Vanetti, questo il vero nome di Massimo Pericolo – ho cambiato tante case, ma non ho mai vissuto in un grande centro urbano. Credo che la narrazione della città sia presente in grande abbondanza nella musica di oggi e manchi proprio invece quella della provincia. Provenire da lì, inevitabilmente, ti dà una fame diversa. Nel disco c’è un lungo skit che ho curato nei minimi particolari e che in qualche modo porta l’ascoltatore dentro una certa realtà”.

Il rapper, come la libellula del video di presentazione del progetto, vola tra le storie che emergono da quel contesto, in cui anche il cambiamento, evocato nel titolo, è centrale. “All’inizio, nel video, avevo pensato di trasformarmi in un gatto – ricorda il rapper – poi ho scelto la libellula perché è più simbolica e dà la sensazione di metamorfosi. Credo molto nel miglioramento personale, la mia vita è cambiata, ho più possibilità economiche, ma tutto necessita di una disciplina. Anche per questo, forse, ho amato le arti marziali sin da piccolo. La ricerca di se stessi e un avanzamento di quello che si è, per me, sono fondamentali. E per tanti ragazzi di provincia penso di poter essere un punto di riferimento. Nella cover del disco ci sono io, su una barca, sul Lago Maggiore, che faccio il dito medio. È come dire: arrivo da qui, ma ce l’ho fatta a fare quello che volevo, alla faccia di tutto”.

Tra barre corrosive e di sentimento

L’album è una costante altalena di sensazioni e mood, tra irruenza e intimismo, tra rap ed elettronica. È un Massimo Pericolo, a tratti, inaspettato quello sputato fuori da “Le cose cambiano”. Si parte con l’epica e aggressiva “Massimo Pericolo” in cui ci sono barre corrosive e da battaglia di cui gli viene chiesto conto. “A un certo punto del brano dico che non mi vesto come una persona trans perché non uso quei vestiti per attirare l’attenzione. C’è chi lo fa pur non essendo trans. E credo sia più discriminatorio speculare su un modo di vestire, seguendo una moda per interesse e sfruttandola, piuttosto che dire ‘io non lo faccio’”, ribatte il rapper. Si prosegue con “Diluvio” con cui si prova a superare un lutto, “Moneylove” con Emis Killa che parla di un amore in provincia, una storia che annega tra i soldi, un biglietto per la libertà, ma anche una possibile schiavitù. Si prosegue con il rap old school di “Straniero”, brano realizzato con Tedua, e con la lettera “Ciao frate”. “Si tratta di una canzone che in qualche modo ha come riferimento ‘Stan’ di Eminem – svela Massimo Pericolo – Niko Pandetta mi scrive dal carcere e io gli rispondo. La realizzammo prima della sua incarcerazione, sapendo che sarebbe potuto accadere. E credo che, per questo motivo, ascoltandola oggi, sia ancora più significativa”.

Più apertura rispetto al passato

Una traccia centrale è la title track, su produzione di Dardust. “Alcuni mi chiedono se sono ancora arrabbiato come quando scrissi ‘7 miliardi’ – prosegue – sono sempre io, sono qui, ma non devo rimanere com'ero. Massimo Pericolo è arrivato fino a qui. Io sono arrivato fino a qui. Credo nell’emozione della musica, che è il filo rosso che unisce tutte le canzoni, e penso che inevitabilmente si vada avanti, ci si evolva. In questo disco sperimento tanto, ho voluto coinvolgere diversi beatmakers per offrire maggiore varietà. Con Crookers, che mi ha accompagnato nei miei primi progetti, ho lavorato su ‘Povero stronzo’, puntando sulla qualità e non sulla quantità. Credo di essere progredito anche sul fronte della scrittura, alimentando con metodo giornaliero lo scrivere. C’è stato un momento in cui pensavo di non essere più capace, ma fortunatamente non era così”. Il finale dell’album è intenso tanto quanto l’inizio.

Puoi non ascoltarmi

Ci sono pezzi d’amore come “Insieme” che fanno da contraltare a brani più crudi come “Di persona” con Gué. E poi arriva la finale “Non parlarmi”: una traccia che è un pugno nello stomaco tra rivendicazione, sferzate contro la società dell’apparenza e il perbenismo, e ferite interiori. In quel “se ti offende ciò che ho detto puoi sempre non ascoltarmi”, rappato a denti stretti, sembra esserci la risposta a chi invoca la censura per il rap. “È un discorso lungo e complicato su cui si dovrebbero fare domande a sociologi e psichiatri più che agli artisti – conclude Massimo Pericolo - io credo che ci sia un problema alla base. Chiedere di essere un ‘educatore’ a chi fa musica fa comodo, nasconde le lacune famigliari, sociali e culturali. Si cerca a tutti i costi un colpevole, ma ci sono tante piccole cose che compongono la società. Chi deve offrire i mezzi e i filtri a un ragazzo giovane per capire una canzone non può certo essere l’artista. E poi la verità è che, per interesse economico, non ci sono regole. Le piattaforme e i social non vengono mica gestiti dagli artisti, non siamo noi a poter svolgere una selezione, a decidere se un minorenne può ascoltare una certa canzone o meno. Mancano regole, ma chi dovrebbe lavorare per proporle, per tornaconto non lo fa”. 

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