L'Eurolega da testa o croce della Virtus Bologna

14 giorni ago
Virtus Bologna

Stasera con l’Efes la Virtus si gioca un traguardo che era impensabile.

Per la prima volta dopo decenni di guerra fredda, nell’ultima finestra FIBA di qualificazione alle prossime competizioni continentali erano presenti anche giocatori Eurolega di discreta caratura. Nicolò Melli con la maglia azzurra, il rientrante Ricky Rubio nella Spagna di Sergio Scariolo, i madridisti Dzanan Musa e Guerschon Yabusele con Bosnia e Francia, e potrei andare avanti con altri novantacinque nomi. Un appello per la pace cestistica e il bene collettivo.

Tra le immagini più significative delle partite delle nazionali in giro per il mondo un paio di mesi fa, una rappresentava particolarmente questo nuovo binomio FIBA-EuroLega: l’abbraccio tra Tornike Shengelia e Gabriel “Iffe” Lundberg, rivali in Georgia-Danimarca e compagni di spogliatoio da diverso tempo: prima con il CSKA Mosca e poi, seppur giunti in Italia in momenti diversi, all’ombra del Nettuno vestendo la maglia della Virtus Bologna.

Non erano gli unici giocatori felsinei ad avere passato la finestra di qualificazione ad EuroBasket 2025 sotto la propria bandiera: anche Isaia Cordinier, Alessandro Pajola, Achille Polonara, Rihards Lomazs – insieme a coach Luca Banchi nel ritiro della nazionale lettone – e Ognjen Dobrić erano stati convocati. Rientrati alla base della Segafredo Arena, nell’inusuale serata di Eurolega bisestile del 29 febbraio, i bianconeri ospitavano il Valencia.

Reduce da una battuta d’arresto contro il Monaco del probabile MVP stagionale Mike James, la Virtus Bologna aveva chiuso i 40 minuti controllando la gara, nonostante un fastidio alla caviglia sinistra ad inizio partita accusato proprio dalla sua stella georgiana. Rientrando a casa, dentro e fuori le Mura i tifosi bianconeri iniziavano a incrociare le dita per il rush finale della stagione, a pari merito con Panathinaikos e Monaco per il terzo posto con un record di 17-10.

Una prima parte di annata europea da sogno, propiziata da un rendimento casalingo eccezionale con una striscia di 11 vittorie consecutive alla Segafredo Arena, aveva instillato nei pensieri più reconditi del tifo bianconero il sogno di giocare l’Eurolega di fine aprile, quella dei playoff. A bassa voce, si poteva anche sentire sussurrata l’intenzione di prenotare un alloggio a Berlino dal 24 al 26. A cancellazione gratuita, per scaramanzia.

Invece, la vittoria contro il Valencia è stato l’antipasto per una cena da incubo con commensali da mezza Europa: Madrid, Kaunas, Belgrado (biancorossa), Atene, Milano e Vitoria. Sette sconfitte consecutive che hanno fatto crollare i bianconeri dal lottare per un fattore campo in postseason al dover superare due ostacoli per aggiungere nuovi impegni al calendario.

Una caduta sintomatica e comprensibile per molti, inspiegabile e inaspettata per pochi. Forse chi aveva iniziato a respirare l’aria dei grandi appuntamenti, sorpreso dal girone infernale che può diventare l’Eurolega dopo la consueta pausa per le coppe nazionali. Ma partiamo da quando lanciando in aria la monetina la Virtus cascava sempre dal lato fortunato.

Le stagioni di Belinelli e Lundberg

La Virtus che si affacciava alla seconda stagione consecutiva in Eurolega dopo il ritorno ai piani alti della pallacanestro europea era visibilmente cambiata rispetto all’annata precedente, sia in termini di figure che di gerarchie. Due veterani come Milos Teodosić e Kyle Weems, entrambi arrivati sotto le Torri nell’estate del 2019, avevano scelto strade diverse per intraprendere i viali del tramonto cestistico, rispettivamente con Stella Rossa e Tortona. Il reparto centri si era completamente rinnovato, salutando Mam Jaiteh, Ismael Bako e Gora Camara. In più, avevano lasciato Bologna anche Semi Ojeleye e Nico Mannion.

Gli spostamenti sul mercato rispondevano ad esigenze diverse. Portare esperienza in campo europeo con un veterano come Bryant Dunston; abbracciare amori inseguiti a lungo come Achille Polonara, Jaleen Smith e Ognjen Dobrić – che aveva fatto il percorso inverso rispetto a Milos Teodosić, lasciando Belgrado dopo 11 anni –; e aggiungere un paio di scommesse come Devontae Cacok – visto al CSKA Mosca con Nikola Milutinov, a cui Sergio Scariolo aveva alluso con un gioco di parole nella conferenza stampa che ha determinato il suo addio – e Bruno Mascolo.

Una squadra che era ripartita dal primo trofeo stagionale con Luca Banchi in panchina, vincendo una Supercoppa Italiana caratterizzata da un Derthona assente, da una Brescia padrona di casa non ancora in palla, e da un’Olimpia Milano anch’essa affaticata dagli impegni dei suoi nazionali. I bianconeri si approcciavano alla stagione anche con le certezze Tornike Shengelia, Daniel Hackett e Alessandro Pajola, così come da un Isaia Cordinier capace di innovare un bagaglio tecnico con tanto margine di crescita.

Alla vigilia della stagione, e a maggior ragione una volta cambiata guida tecnica, i rebus più complessi da risolvere rispondevano ai nomi di Marco Belinelli e Gabriel “Iffe” Lundberg. Con un gigantesco senno di poi, sembra folle pensare che la Virtus si fosse privata in alcune occasioni nell’arco dell’annata 2022/23 della produzione offensiva di questi ultimi, ma non è revisionismo. Iniziamo dal primo, cioè da capitan Belinelli.

Cresciuto cestisticamente in bianconero, il talento di San Giovanni in Persiceto aveva sposato la causa Fortitudo prima di attraversare l’Atlantico nel 2007. Finita una parentesi di tredici anni in NBA, era tornato a Bologna, sponda Virtus, nel 2020. Asset in uscita dalla panchina sia nella vittoria dello Scudetto 2021 che nell’EuroCup 2022, fino ai primi canti natalizi in Piazza Maggiore aveva vissuto una prima parte di Eurolega da incubo: impiegato solo in sei occasioni (mai sopra i 20 minuti), non aveva giocato un singolo minuto in otto partite.

Con il passare del tempo, l’impiego del capitano bianconero era diventato – o tornato ad essere – più regolare, ma è con l’arrivo di Luca Banchi che Marco Belinelli è sembrato ringiovanire di una quindicina d’anni. A un paio di settimane dal suo 38esimo compleanno, viaggiava a numeri insensati: 14.4 punti (10º in tutta l’Eurolega), 40% dall’arco su 6.7 tentativi a partita – solo Markus Howard (9.0), Scottie Wilbekin (7.2) e Shavon Shields (6.9) ne tentavano di più, ma ad eccezione dell’americano naturalizzato danese di Milano (41.8%) con percentuali realizzative peggiori.

Sono state tante le occasioni in cui il campione NBA ha lasciato un segno indelebile nelle vittorie bianconeri di quest’annata europea. Si pensi ai 22 punti con 4/8 dall’arco in casa contro il Maccabi, o ad una prestazione for the ages in trasferta con il Baskonia. «Non mi sento il suo allenatore. Sono qui per vedere, per imparare. Ogni giorno mi porta qualcosa dal suo incredibile talento cestistico, dalla sua conoscenza della pallacanestro» aveva detto di lui Luca Banchi dalla sala stampa della Fernando Buesa Arena. «È speciale, impressionante. A volte lo guardo dalla panchina e penso: “Wow”», aveva concluso con parole al miele per suggellare una stima comprovata sul campo, considerando che la guardia italiana ha avuto finora il tasso di Usage maggiore (27.8%) all’interno del roster bolognese.

Lasciata l’Europa a 21 anni per tornarci a 34 inoltrati, tantissimi appassionati di basket europeo hanno riscoperto il suo talento solamente ora, per quanto assurdo ciò possa sembrare. Un talento fatto di tiri in uscita dai blocchi (il 38.5% del suo volume di conclusioni arriva in situazioni simili), passaggi consegnati e movimenti affinatissimi. Ha una selezione di tiri impossibile da apprezzare per il 99.9% periodico dei colleghi, ma fintanto che il pallone entra nessuna contestazione è lecita.

La miglior prestazione realizzativa di Beli quest’anno: 27 punti contro il Baskonia.

La traiettoria e la carriera di Marco Belinelli è anni luce lontana, per maglie indossate, stagioni dall’altra parte dell’Oceano, esperienze vissute e maturità cestistica, da quella di Gabriel Ifeanyi Lundberg – per tutti Iffe –, ma i due sono accomunati dallo stesso senso di rinascita in questa stagione. Arrivato a Bologna dopo aver lasciato il CSKA Mosca post-invasione dell’Ucraina e una manciata di presenze ai Phoenix Suns, la guardia di origini nigeriane era diventata il primo giocatore danese a debuttare sia in Eurolega che in NBA.

Dopo Manresa, Tenerife, Zielona Gora e l’occasione attesa anni ai piani alti della pallacanestro europea, aveva svuotato il cassetto dei sogni con un primo contratto in America, per poi tornare pieno di consapevolezza da realizzatore affidabile per la Virtus di Sergio Scariolo. Nonostante alcuni evidenti lampi di leadership – 38 punti tra le due trasferte vincenti contro Real Madrid e Barcellona, ad esempio –, a fine stagione il bottino diceva 8 punti di media con il 29.7% da tre. Troppo poco per il colpo dell’estate.

Nella conferenza stampa del 13 settembre 2023 citata in precedenza, quella che è costata la panchina bianconera a Sergio Scariolo, l’allora 28enne era stato messo alla porta. «Non è considerato nel roster della prima squadra. C’è stata la comunicazione, vediamo nei prossimi giorni. Lui si allena con grande serietà e professionalità, come ha sempre fatto. Sono decisioni che si basano sulla quadratura dei mezzi a disposizione», diceva mentre suonavano le sirene turche del Galatasaray, che lo voleva in Basketball Champions League.

Il 26 settembre Iffe pubblicava un tweet – poi cancellato – per annunciare la ricerca insieme alla moglie Camilla di una persona a Bologna per badare al piccolo Jamie, che però non si perde una partita di papà. Messaggio implicito di una totale conferma a roster anche per il 2023-24. Anche per lui, l’arrivo di Luca Banchi si è tradotto in una svolta in termini di fiducia ricevuta ed espressa a sua volta nel resto del gruppo, efficienza e consapevolezza.

Inconsapevole che avrebbe presto fatto le valigie, Sergio Scariolo aveva anche cercato di rispondere a una domanda legata al vuoto lasciato da Milos Teodosić, interrogandosi su chi potesse essere colui in grado di prenderne l’eredità. «Non l’ho ancora individuato, dovremo capire se qualcuno potrà fare un passo avanti. Nessuno finora lo è stato nel passato, ma ce lo aspettiamo» aveva detto. Seppur in termini completamente differenti per stilemi di gioco, lo scettro l’ha preso proprio il danese: quando la palla scotta, si va da lui.

Insieme a Mike James – diventato leader all-time per punti segnati nella storia dell’Eurolega, superando un certo Vassilis Spanoulis –, Codi-Miller McIntyre e Mario Hezonja, Lundberg è stato inserito dai canali social ufficiali della competizione nel novero dei migliori giocatori clutch della stagione. Restringendo il cerchio all’annata corrente, in termini di clutchness il numero 1 bianconero ha dimostrato di non avere rivali.

Milano, Barcellona, Partizan in trasferta, Bayern Monaco, Partizan in casa: cinque vittorie fondamentali per la squadra di Luca Banchi, tutte accomunate da tiri decisivi di Iffe Lundberg nell’ultimo minuto di gara. ISO dal perimetro nell’Euro Derby; tripla fotocopia in stepback davanti a Jan Vesely contro il Barcellona; arresto e tiro dal midrange in faccia ad un ottimo difensore come Nick Weiler-Babb con i bavaresi; appoggio jordanesco alla Stark Arena e tripla frontale in casa contro i bianconeri di Serbia. Per pochissimi centimetri, alla lista delle vittime non si è aggiunto anche il Monaco, con un raro errore del 29enne.

E da questo straordinario montaggio mancano anche i canestri contro Milano e Barcellona.

Almeno una volta a partita, alla Segafredo Arena, si alza il coro “Iffe, Iffe, Iffe”, mentre hanno iniziato a spuntare sciarpe, striscioni e magliette con il particolarmente spiccato sfottò “- Effe + Iffe”, riferendosi ovviamente ai rivali fortitudini. Non so se la famiglia Lundberg abbia trovato babysitter ma – nonostante il suo agente parli già di free agency nell’estate 2024 – la sensazione è che continuare su premesse differenti rispetto a quelle dell’anno scorso possa essere proficuo tanto per il danese quanto per la sua gente.

Tanto per Marco Belinelli quanto per Iffe Lundberg, però, la fase finale di stagione si è trasformata in un incubo. Complice anche un comprensibile calo fisico vista l’età e una rotazione che non lo risparmia nemmeno in campionato – a referto in 25 delle 27 partite di stagione finora giocando 20.7 minuti di media –, l’efficienza offensiva del nativo di San Giovanni in Persiceto è crollata.

Rimane comunque il secondo miglior realizzatore della squadra in questo periodo con 12.4 punti a gara, ma tirando con il 27% da tre (1.9 triple realizzate su 7.0 tentativi) e portando a casa il secondo peggior Offensive Rating individuale della squadra (89.2, migliore solamente al 79.2 di un irriconoscibile Isaia Cordinier). Un discorso simile può essere affrontato su Iffe Lundberg, che ha smarrito l’aura del supereroe.

Impiegato molto anche in cabina di regia – non certo la sua comfort zone – durante lo stop per un fastidio al ginocchio di Daniel Hackett, contro Real Madrid, Zalgiris Kaunas e Stella Rossa il danese non è riuscito ad incidere come nella prima parte di stagione sui risultati della squadra di Luca Banchi. Non c’è da sorprendersi: se fosse stato il contrario, staremmo parlando di una Virtus ancora in lotta per il secondo posto e di un Iffe Lundberg candidato perlomeno a un secondo quintetto Eurolega.

Il miglior Toko da anni

Dopo aver già condiviso l’esperienza moscovita, Iffe Lundberg aveva ritrovato Tornike Shengelia in Italia, dove l’ala georgiana era arrivata prima del termine dell’annata 2021-22 insieme a Daniel Hackett, aumentando di gran lunga le chances di vittoria in EuroCup da parte della Virtus Bologna. E se oggi possiamo comunque parlare di una Virtus Bologna agli innovativi Play-In di Eurolega, un grandissimo merito risiede proprio nel numero 21.

Tornato a livelli mostrati solamente nel primo prime della sua carriera – si fa fatica a non definire gli ultimi mesi come alcuni dei migliori nella vita cestistica del georgiano –, quando le controversie legate al suo approdo al CSKA Mosca non erano ancora realtà (l’allora ed attuale Presidentessa georgiana Salomé Zourabichvili aveva definito la sua scelta “deplorevole e inaccettabile”), questo è senza dubbi il miglior Tornike Shengelia da quando guidava il Baskonia da all-arounder in Euskadi.

Di gran lunga il più utilizzato nelle rotazioni di Luca Banchi, ha raccolto 14.5 punti a partita: dal punto di vista realizzativo, ha contribuito maggiormente solamente nel 2019-20 con 15.9 a gara. Giocando il 25.5% dei possessi in post-up, molto spesso le situazioni in cui Toko Shengelia si è trovato palla in mano spalle a canestro si sono tramutate in due punti appoggiandosi al tabellone, oppure in uno scarico per le bocche da fuoco dal perimetro: è primo tra le ali per assist (3.4) a partita.

Primo tra le ali in tutta l’Eurolega per falli subiti a partita (5.1), terzo complessivamente alle spalle dei soli Mathias Lessort (6.2) e Wade Baldwin IV (5.7), il suo inizio di stagione era stato sbalorditivo. Nel 4-1 della Virtus Bologna ad ottobre, infatti, aveva raccolto numeri da MVP del mese: 18.4 punti, 4.8 rimbalzi e 4 assist, tirando 75% da due (!), 52.9% da tre (!!) e 85% in lunetta. «Amo stare qui, è la città perfetta per giocare a pallacanestro» ha recentemente dichiarato al sito di Eurolega. Tutto sommato, si vede.

La prova stagionale più dominante di Shengelia: 27 punti e 8 rimbalzi contro il Maccabi.

Seppur in flessione prima dell’inizio della crisi bianconera, è nel momento del bisogno che si è reso necessario affidarsi particolarmente alla stella georgiana. Per quanto incapace di tramutare i propri sforzi personali in vittorie di squadra, Tornike Shengelia ha viaggiato a 16.7 punti con il 51% dal campo nello 0-7 della Virtus Bologna per chiudere la regular season.

Il quintetto più utilizzato (190 minuti totali, 16 partite iniziate) da Luca Banchi ed il suo staff tecnico – in cui peraltro è compreso Lassi Tuovi, commissario tecnico della nazionale finlandese ed ex allenatore di Strasburgo, dov’era stato sostituito proprio dal grossetano a fine 2022 – comprende lo stesso Tornike Shengelia, oltre a Daniel Hackett, Marco Belinelli, Isaia Cordinier e Bryant Dunston. Quest’ultimo è stato un altro fattore chiave, mai domo anche quando la palla ha iniziato a scottare molto di più.

Messo quasi sempre in campo fin dall’inizio per indirizzare la partita dal punto di vista difensivo, il 37enne si è dimostrato punto fermo in una stagione finora condizionata negativamente nel reparto centri guardando all’infermeria: Jordan Mickey, che aveva iniziato la stagione in maniera brillante, ha saltato un mese per un infortunio alla coscia sinistra, mentre Devontae Cacok aveva già chiuso la stagione a fine 2023 per un serio infortunio alla rotula.

Per colmare il vuoto, sotto l’albero con le decorazioni Segafredo è arrivato Ante Zizic, ex compagno di Dunston all’Efes ma che ha bisogno di tanti palloni in post per dire la sua. Il veterano europeo, secondo all-time per stoppate nella storia dell’Eurolega con 345 alle spalle del solo Walter Tavares (412), si è invece integrato fin da subito nei meccanismi bianconeri, convertendo l’84.6% dei suoi canestri da passaggi dei compagni.

Se si parla di difesa, non può non essere preso in considerazione Alessandro Pajola, che cambia radicalmente la Virtus uscendo dalla panchina, mordendo le caviglie dei portatori di palla avversari ed apportando un differenziale di +6.3 nel Net Rating di squadra con lui in campo. Nonostante anche lui non venga da un periodo eccezionale, il suo impiego a marcatura ravvicinata su Shane Larkin sarà vitale nel Play-In contro l’Efes.

Un altro giocatore in crescita, che con Tornike Shengelia ha vinto una ACB con il Baskonia nel 2020, è Achille Polonara, a cui a poche settimane dalla conclusione del Mondiale 2023 era stata diagnosticata una neoplasia testicolare. Affaticato dalla chemioterapia e ovviamente limitato nel minutaggio, nelle ultime uscite si è dimostrato in crescita: nel parziale negativo bianconero delle ultime sette partite, è l’unico che porta il Net Rating della Virtus in positivo (+4.7) quando entra in campo.

Efes e (forse) una tra Maccabi e Baskonia

Nonostante un decimo posto con un record di 17-17 possa considerarsi un sostanziale upgrade rispetto alla quattordicesima posizione (14-20) della stagione del ritorno in Europa, le percezioni sui bianconeri hanno viaggiato su un ottovolante con il passare dei mesi: saliti in sella ad una bicicletta altamente performante, dalla trasferta del Pireo del 7 marzo scorso si sono sgonfiate le ruote.

Tra le prime dieci della classe (Real Madrid, Panathinaikos, Monaco, Barcellona, Olympiacos, Fenerbahçe ai playoff, Maccabi, Baskonia, Efes e Virtus ai Play-In), nessuno ha un rendimento peggiore delle Vu Nere nelle ultime dieci uscite: 2-8. Le cose peggiorano se si considerano le partite in trasferta: la Virtus non vince lontano da Bologna in campo europeo dal 5 gennaio, quando aveva battuto l’Alba Berlino.

Allargando lo sguardo alla totalità di questa regular season, si nota un evidente calo prestazionale da parte dei bianconeri in trasferta. La Virtus ha vinto meno del 30% delle sue partite fuori casa (5-12), la percentuale peggiore nelle prime dieci classificate al pari del Fenerbahçe, che ha però vissuto l’andamento opposto rispetto agli uomini di Luca Banchi: in grossa crisi con Dimitris Itoudis, tornati competitivi con l’arrivo di Sarunas Jasikevicius. Il primo momento di sconforto stagionale, seguito da un’accoglienza da brividi all’aeroporto Marconi da parte dei propri tifosi, vedeva non a caso due sconfitte di fila a Belgrado (95-78 del Maccabi) e Istanbul (99-75 dell’Anadolu Efes) a inizio gennaio.

Se si guarda al rendimento casalingo, invece, la Virtus è 12-5, con un tasso di vittorie entro le mura familiari superiore al 70%. La striscia di 11 vittorie consecutive alla Segafredo Arena tra la primissima sconfitta stagionale con lo Zalgiris Kaunas – giocata però al PalaDozza – del 5 ottobre e l’81-78 per mano del Monaco il 9 febbraio è stata fondamentale per rimanere nell’élite del basket europeo, ma le recenti sconfitte casalinghe contro Real Madrid, Panathinaikos e Baskonia, per quanto le ultime due arrivate per uno scarto medio di un singolo possesso, hanno riportato il dato su pianeti più abitualmente navigati.

Alla Segafredo Arena si sono visti anche Joshua Zirkzee e compagni.

La Virtus Bologna arriva al primo Play-In nella storia dell’Eurolega da completa sfavorita, ospite di una delle squadre più in forma d’Europa. Nelle ultime dieci partite, solo Monaco e Olympiacos (entrambe 9-1) hanno fatto meglio dell’Anadolu Efes (8-2, al pari del Panathinaikos), che da quando ha deciso di optare per una nuova guida tecnica è rinato: con Erdem Can alla guida, esonerato proprio alla vigilia di questo cambio di tendenza, la serie era infatti di 9-15.

Assistente dei turchi dal 2010, Tomislav Mijatović ha visto il suo nome nell’albo dei vincitori per due anni consecutivi (2021 e 2022) in Eurolega come componente dello staff tecnico di Ergin Ataman. Adesso, acquisita sufficiente esperienza, il croato ha dato nuova linfa vitale alla nona classificata, capace di battere anche due candidate alla vittoria finale come Olympiacos e Fenerbahçe tra marzo e aprile.

Il confronto tra italiani e turchi negli ultimi dieci round di regular season è impietoso. Per Offensive Rating l’Efes è primo (128.5) e la Virtus quattordicesima (111.5), mentre ci sono 10.9 punti di differenza (90.6 dei primi, 79.7 dei secondi) nella produzione offensiva delle due squadre. Sempre prendendo in considerazione le ultime dieci partite disputate, i bianconeri hanno il terzo peggior Defensive Rating dell’Eurolega (120.9 punti concessi ogni 100 possessi), sintomo che le difficoltà non si fermano alla metà campo offensiva.

Shane Larkin, l’ex Brindisi Darius Thompson e Will Clyburn – che recentemente si è definito «ancora il miglior 3 d’Europa, per chi ne avesse dubitato» – sono gli osservati speciali della sfida di stasera alle 20 italiane del Sinan Erdem Sports Hall, dove la Virtus Bologna è obbligata alla vittoria per risalire in sella a quella bici che l’aveva spinta fino ad un bel panorama sul resto della competizione, come dal Santuario di San Luca.

Se questa dovesse arrivare, venerdì saranno ospiti del Maccabi Tel Aviv (in campo neutro a Belgrado) o del Baskonia, trainato dal miglior realizzatore (Markus Howard, 19.4 punti di media) e dal miglior passatore (Codi Miller-McIntyre, 7.2 assist a partita) della stagione in EuroLega, per un do-or-die con vista sulla serie playoff contro il Real Madrid, campione in carica e sulla carta inarrivabile.

Comunque vada, la Virtus Bologna di Luca Banchi ha saputo dimostrare di poter valere questo palcoscenico, seppur a tratti alterni. Con un roster in là con l’età, costruito dal suo predecessore e preso in mano solamente a poche settimane dall’inizio della regular season, il grossetano ha fatto miracoli. Il pubblico bianconero sta ripagando la fiducia, acclamandolo a ogni entrata in campo nonostante il periodo di difficoltà.

Considerando l’assenza di una licenza pluriennale, aver conquistato sul campo i Play-In è stato vitale per rimanere ancorati al treno Eurolega, che in questi mesi lavora all’inserimento di nuove realtà, come quella di una potenziale nuova franchigia proveniente da Dubai. Per ora, però, la Virtus Bologna è obbligata a pensare al presente, sperando che non serva lanciare in aria la monetina a Istanbul. È uscita croce fin troppe volte quando si era puntato testa.

Cesare Milanti racconta storie di basket italiano ed europeo. Corrispondente italiano di Eurohoops e bordocampista di DAZN, ha collaborato con LBA e FIBA in diverse occasioni. Il suo primo romanzo è "Il pipistrello sulla retina", edito da Ultra Sport.

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