Caso Orlandi, individuata una donna coinvolta nelle rivendicazioni ...

27 Lug 2023
Emanuela Orlandi

diFabrizio Peronaci

La novità emerge dalle indagini sul giallo collegato di Katy Skerl, uccisa nel 1984. La nuova sospettata all'epoca aveva 19 anni: registrò una comunicazione vocale giunta via posta da Boston il 6 dicembre 1983

Dal giallo collegato dell’omicidio di Katy Skerl, la diciassettenne trovata strangolata a Grottaferrata nel gennaio del 1984, arrivano nuovi spunti anche sulla scomparsa di Emanuela Orlandi. La Procura di Roma, nell’ambito dell’inchiesta aperta nell’estate 2022 sul furto della bara di Katy dal cimitero Verano, nelle scorse settimane ha sentito più volte il supertestimone e reo confesso del caso Orlandi, Marco Accetti, e proprio da questa nuova tornata di interrogatori (condotti dal pm Erminio Amelio) sarebbe emersa la novità. Nei verbali è infatti finito il nome della donna che, nel dicembre 1983 (sei mesi dopo la scomparsa della figlia del messo pontificio), registrò un messaggio su un’audiocassetta inviata da Boston (assieme a un testo scritto a penna) al giornalista americano Richard Roth, corrispondente da Roma per la Cbs. Si tratta di una delle 4  rivendicazioni del sequestro Orlandi giunte da Oltreatlantico, all’epoca ritenute autentiche grazie a una perizia grafologica che le confrontò con le precedenti lettere del cosiddetto “Amerikano“.

Quella "voce" ha un volto

Ebbene, adesso quella voce arrivata in Italia da Boston il 6 dicembre 1983 al giornalista dell'emittente televisiva ha finalmente un nome e un volto: si tratta di una donna di 59 anni, romana, che al momento dell’invio della cassetta dal Massachusetts, tramite posta ordinaria, aveva solo 19 anni. La donna sarebbe già stata convocata dagli inquirenti e  avrebbe ammesso la sua responsabilità limitatamente alla “recitazione” del comunicato, nel quale si confermava la richiesta dello scambio (già avanzata ripetutamente in precedenza) tra Emanuela Orlandi e Ali Agca, attentatore del Papa due anni prima, il 13 maggio 1981. La stessa testimone, residente in un quartiere di Roma nord, si sarebbe detta completamente all'oscuro dell'intrigo, tirata in ballo inconsapevolmente, quasi per gioco, senza poter intuire il guaio nel quale era stata catapultata.

La seconda persona sulla scena

Dopo quarant’anni, insomma, spunta una seconda persona in carne e ossa in qualche modo partecipe delle vicende legate alla scomparsa della figlia del messo pontificio di Karol Wojtyla. Fino a oggi, l’unica certezza acquisita sulle voci dei sequestratori era che uno dei telefonisti fosse stato lo stesso Accetti, come accertato dal confronto con il tono e la cadenza di "Mario" (lo sconosciuto che chiamò casa Orlandi i primi giorni), e dalla perizia affidata a Marco Perino, il consulente fonico della famiglia nonché di Netflix, che l'aveva ingaggiato nell'ambito della serie “Vatican girl”. Novità rilevante, dunque: la ragazza della "voce da Boston" oggi individuata registrò il messaggio con un finto accento inglese a Roma, salvo poi consegnare il nastro ai rapitori, che lo girarono a qualcuno in partenza per gli Stati Uniti. 

La competenza dei pm

Ma perché tale complicazione? Il mittente oltreoceano, probabilmente, fu ideato con il fine di disorientare gli investigatori, già alle prese con un giallo complicatissimo, inquinato da manipolazioni e depistaggi di ogni genere. Va tenuto presente che in quello stesso scorcio del 1983 (estate-autunno) la giovanissima moglie di Accetti, compagna di scuola della sorella, si trovava in vacanza nella capitale del Massachussets, come da lei stessa posto a verbale.  Resta da chiarire se gli atti relativi al ruolo della nuova, seconda “telefonista” siano già stati trasmessi per competenza al pm Stefano Luciani, titolare del fascicolo tuttora aperto sul caso Orlandi, dopo la presentazione di un esposto al Csm da parte della famiglia. ([email protected])

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27 luglio 2023

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