Rosa e Olindo, così gli avvocati provano a riscrivere la strage di ...

28 Feb 2024

Dopo anni di battaglie nei Tribunali e nei salotti televisivi, i difensori di Rosa Bazzi e Olindo Romano sono convinti di poter riscrivere la storia della strage di Erba: il massacro di Raffaella Castagna, della madre Paola Galli, del figlioletto di due anni Youssef Marzouk, della vicina di casa Valeria Cherubini e il tentato omicidio del marito, Mario Frigerio - l’unico superstite - che l’11 dicembre del 2006, nel «condominio del Ghiaccio» del piccolo comune a trenta chilometri da Como, ha sconvolto l’Italia. Ventisei giudici in tre gradi di giudizio hanno ritenuto «al di là di ogni ragionevole dubbio» colpevoli di quegli omicidi aggravati dalla premeditazione i coniugi Romano, condannati al carcere a vita.

Strage di Erba - Figure 1
Foto Voci di Roma
Strage di Erba, spuntano le statue di Rosa Bazzi e Olindo a due giorni dalla revisione del processo

Ma, a distanza di diciassette anni, e dopo svariati tentativi, le inchieste della trasmissione «Le Iene», i libri di giornalisti innocentisti e una istanza presentata anche dal sostituto procuratore generale milanese Cuno Tarfusser (che per l’iniziativa ritenuta «fuori dalle regole» è già stato sanzionato dal Csm con una «censura»), il primo marzo si terrà davanti alla corte d’Assise d’Appello di Brescia l’attesissima udienza per decidere se avviare il processo di revisione del caso. Che in ogni caso non è detto porti a ribaltare le sentenze. E di certo non può portare a una rivalutazione parziale dei fatti, magari escludendo qualche aggravante: deve solo stabilire se Romano e Bazzi siano o meno colpevoli della strage.

La difesa di Rosa e OlindoDi fatto, per gli avvocati Fabio Schembri, Luisa Bordeaux, Nico Vincenzo D’Ascola e Patrizia Morello, questa è la prima vera occasione per provare a scardinare centinaia di pagine di sentenze in base a 8 consulenze difensive, 4 interviste, 3 verbali difensivi e poi file audio e video, e un paio di relazioni tecniche che perlopiù rileggono in una nuova chiave le prove già analizzate dai giudici, valorizzando elementi che i legali ritengono siano stati ignorati nel tentativo di smontare le condanne. E attaccano innanzitutto il modo in cui le indagini sono state all’epoca condotte puntando il dito soprattutto contro il luogotenente della

stazione dei carabinieri di Erba, Luciano Gallorini, che già nella notte dei delitti «riteneva di aver trovato i colpevoli e si muoveva in via esclusiva nei confronti dei coniugi Romano mentre la procura sondava tutt’altre piste investigative di cui Gallorini era perfettamente informato».

Il dolore della famiglia CastagnaPer la famiglia Castagna, che ancora non ha deciso se si presenterà in aula, ma si è costituita parte civile con gli avvocati Massimo Campa e Daniela Spandri, «è un enorme dolore, una ferita che non si è mai rimarginata - dice oggi il fratello di Raffaella, Beppe Castagna -. Anzi, in tutti questi anni di servizi giornalistici ignobili nei nostri confronti, si è ampliata ulteriormente, costringendoci a rivolgerci a medici e specialisti come non era stato necessario neanche ai tempi della strage e dei processi». Lo sapevano i familiari delle vittime che «non avremmo trovato pace e prima o poi si sarebbe arrivati a questo quarto grado di giudizio. Perché, finché i coniugi Romano saranno in vita, i personaggi che si agitano attorno a loro proveranno ad approfittarne per ottenere la ribalta mediatica. Ma anche questa istanza di revisione non porterà a nulla e non mette in luce niente di nuovo: tutto quello che i legali sostengono è stato già analizzato e smontato in tre gradi di giudizio».

Strage di Erba - Figure 2
Foto Voci di Roma

I capisaldi delle condanneTralasciando tutte le altre «tessere del mosaico indiziario» che, come ha scritto nella sua sentenza la Corte di Cassazione, «assumono rilievo a fronte di una valutazione sinergica, non dovendo mai essere operata una parcellizzazione degli elementi del compendio probatorio», i legali della difesa puntano ad attaccare quelli che definiscono i tre capisaldi dell’accusa: le dichiarazioni dell’unico superstite, Mario Frigerio, la «pretesa traccia ematica che sarebbe stata individuata sul battitacco dell’auto di Olindo» e le dettagliate confessioni ritrattate dai coniugi Romano. Sostengono i legali che «erano zeppe di errori (ben 243 tra imprecisioni e non ricordo, 1 ogni 30 secondi». Anzi, per quanto riguarda Rosa, sottolineano «le sue dichiarazioni sono state considerate addirittura deliranti. A causa - ritengono in base alle nuove consulenze - dei deficit cognitivi notevoli a seguito del ritardo mentale e questo aspetto non era noto ai giudici della condanna». Perché di fatto una perizia psichiatrica non è mai stata disposta nel corso dei processi. Lo stesso movente, valorizzato dalle udienze in cui sono emersi anni di querele e controquerele tra la vittima e la coppia, che sarebbe anche stata pedinata in auto dai coniugi mentre in treno andava al lavoro, è stato bollato dagli avvocati come «banali liti di condominio». Senza nulla aggiungere sull’alibi degli imputati, che molti dubbi ha generato dal primo giorno: lo scontrino di un McDonald’s di Como dove i Romano avrebbero cenato quella sera, alle 21,37, almeno due ore più tardi dell’orario in cui erano soliti mettersi a tavola.

La testimonianza dell’unico superstiteLe nuove prove sono costituite dalle relazioni del collegio dei consulenti di diverse Università: i professori Giuseppe Sartori, Paolo Cherubini, Cristina Scarpazza, Antonietta Curci, Stefano Ferracuti, Stefano Zago, Giuliana Mazzoni, Pietro Pietrini, Letizia Caso, Alberto Priori, Massimo Grassi e Maria Ida Gobbini. Tra le altre cose puntano a smontare la testimonianza dell’unico superstite della strage: il vicino di casa Mario Frigerio, che resterà sempre noto per le parole che in aula ha rivolto a Olindo Romano: «È inutile che mi guardi, disgraziato, sei stato tu». In base alle consulenze degli esperti i difensori sostengono che «sia le dichiarazioni che ha reso fino al dibattimento, sia le intercettazioni ambientali in ospedale (che costituiscono a tutti gli effetti elementi nuovi, poiché non vennero valutati dai giudici della cognizione)», Frigerio sarebbe stato «inidoneo a testimoniare perché soggetto cerebroleso a causa di una lesione in sede corticale frontale destra e dell’intossicazione da monossido di carbonio». Dopo il fatto, avrebbe avuto «un’amnesia anterograda che ha comportato un peggioramento delle condizioni psichiche a pochi giorni dall’aggressione»: in pratica, il testimone che nei primissimi momenti non ha riconosciuto il suo aggressore, per la difesa avrebbe sviluppato una «falsa memoria» a seguito delle «sollecitazioni e suggestioni da parte di investigatori e pm».

Strage di Erba - Figure 3
Foto Voci di Roma

La macchia di sangueViene poi messa in dubbio la traccia di sangue definita «fantasma» sul battitacco della Seat Arosa di Olindo. Sangue della vicina di casa Valeria Cherubini, rilevato da un carabiniere che non firmò il verbale poi inviato alla procura. I legali la ritengono inesistente in base a una nuova consulenza tecnica di parte e incrociando una serie di interviste rilasciate alle Iene, a partire dalle rivelazioni dell’ex maresciallo dei carabinieri, Giovanni Tartaglia (congedato dall’Arma dopo le condanne per truffa ad anziano e circonvenzione di incapace) che parla di presunti «inquinamenti delle indagini». L’istanza della difesa valorizza anche una consulenza del Ris già analizzata e scartata dai processi secondo cui «non solo non sono state individuate tracce di Olindo e Rosa sulla scena del crimine, ma non è stata individuata alcuna traccia delle vittime in casa dei coniugi».

La pista alternativaE veniamo alla pista alternativa che i difensori propongo in base alla testimonianza inedita di Abdi Kais, un tunisino nel frattempo espulso dall’Italia, ex compagno di cella del marito della vittima, Azouz Marzouk, e che del suo gruppo di spaccio faceva parte. È lui a parlare di «una faida in corso» e a sostenere che «la strage potrebbe essere legata proprio al contrasto che si era venuto a creare con il gruppo di marocchini rivale» che già in passato aveva aggredito lui e il fratello di Azouz. Una pista già di fatto analizzata anche in base alle testimonianze di alcuni vicini di casa che quel giorno avrebbero visto vicino al condominio due o tre stranieri e poi scartata nei processi. Una tesi che fa molto arrabbiare la famiglia Castagna perché, conclude il fratello di Raffaella, Beppe: «La casa di mia sorella viene descritta come una centrale dello spaccio. Perché probabilmente è vero che lei, in balia del marito, abbia all’epoca acconsentito a trasferire la residenza di questo soggetto nel suo appartamento. Ma in quella casa ci viveva solo lei, il bambino e, quando c’era, Azouz: nessun altro. E questa fantasiosa ricostruzione è offensiva del suo ricordo, e già smentita da decine di testimoni sentiti nel corso del processo sullo spaccio: nessuno ha mai detto di essere andato ad acquistare la droga a casa di Raffaella. Questa teoria serve solo a infangare ancora una volta la memoria di una persona che non c’è più».

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